Calciatore condannato per stupro di gruppo, la Dolomiti rompe il "contratto" e gli fa causa

Daniel Onescu (secondo da destra)
BELLUNO - «Il giocatore si è posizionato all’opposto dei valori di qualsiasi società, dalla serie A alla terza categoria». E questa è...

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BELLUNO - «Il giocatore si è posizionato all’opposto dei valori di qualsiasi società, dalla serie A alla terza categoria». E questa è soltanto una delle motivazioni per cui tra oggi e domani la Dolomiti Bellunesi presenterà ricorso alla Cae, la Commissione accordi economici della Lega nazionale dilettanti, per chiedere la rescissione immediata dell’accordo con Daniel Onescu, condannato in primo grado a sei anni di reclusione per stupro di gruppo. A presentare ricorso, parallelamente a una richiesta risarcitoria, sarà l’avvocato Mattia Grassani, esperto nazionale di diritto sportivo, già avvocato del Napoli e legale del Genoa nella vicenda molto simile che sta coinvolgendo i grifoni e Manolo Portanova.

I FATTI
La condanna è arrivata lo scorso 31 gennaio: sei anni a Onescu e altri quattro calciatori, all’epoca dei fatti suoi compagni di squadra alla Virtus Vecomp Verona, per violenza di gruppo ai danni di una ragazza ventenne nel gennaio 2020. Tra i cinque l’ormai ex centrocampista della Dolomiti sarebbe stato l’unico a non abusare della ragazza, salvo riprendere tutto con il proprio smartphone. Sbigottita e impreparata, non essendo mai stata informata dal giocatore del procedimento penale, 24 ore dopo la società ha sospeso Onescu da qualsiasi attività e da allora il ragazzo si allena per conto proprio. Unanime in questo senso la posizione del Cda, sponsor in testa. Nei giorni successivi poi, attraverso l’avvocato Davide Fent, legale della società, la Dolomiti Bellunesi ha deciso di affidarsi a Mattia Grassani.

IL DANNO
«Per grave inadempimento il giocatore non è più impiegabile e collocabile in questa società», conferma l’avvocato Grassani. «Anche se la condanna non è ancora definitiva il grave danno di immagine c’è stato. Un tesserato deve essere lo specchio dei valori della società, sportivi e d’immagine. Quanto accaduto è all’esatto opposto, è il peggior strascico che può esserci in un rapporto sportivo; il ragazzo si è posizionato all’opposto dei valori di qualsiasi società, dalla serie A alla terza categoria, motivo per cui in queste ore presenteremo ricorso alla Cae per la rescissione del contratto (Onescu è l’unico in rosa ad aver firmato un accordo pluriennale, ndr). La sentenza? Celere, tra marzo e aprile la giustizia sportiva si esprimerà». Presenterete anche una richiesta danni? «Certamente. In questi giorni quantificheremo proprio una richiesta risarcitoria, per la quale dobbiamo valutare vari elementi, dalla posizione degli sponsor, ai danni di immagine, al pubblico, al clamore mediatico, al danno tecnico». Esperienza e giurisprudenza cosa suggeriscono? «Fortunatamente il nostro sport non vive casi simili così spesso; abbiamo conosciuto casi di partite vendute, di positività al doping, lo stupro di gruppo è una macabra moda che sembra essersi sviluppata recentemente. È difficile anticipare un verdetto, ma questo è un caso di civiltà giuridica, oltre che sportiva; la Dolomiti è nella ragione, difendendo la società si difendono i valori che porta avanti e su cui è fondata, che coincidono con i valori dello sport». 

L’APPELLO


Il ragazzo e gli altri quattro coinvolti hanno ricorso in appello. «Sì, ma in qualsiasi caso l’ambito penale non influirà in questo procedimento, che è sportivo. Il secondo grado di giudizio non si esprimerà prima di due anni, quando il calciatore sarà già svincolato. Noi dobbiamo agire ora, il danno alla Dolomiti c’è già stato e un’ipotetica assoluzione tra due anni non porterebbe indietro il tempo. E in caso di assoluzione in secondo grado la società sarebbe comunque tutelata. Il giocatore avrà modo e tempo di dimostrarsi innocente, ma da tesserato di una società di calcio non è soltanto un privato cittadino che deve rispondere solamente a se stesso. Un atleta deve astenersi da certi contesti e atteggiamenti, a maggior ragione se non giochi per la gloria, ma per un compenso».
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Il Gazzettino