Crisi del commercio, altri tre negozi chiudono in corso Vittorio

Un negozio di corso Vittorio Emanuele a Pordenone
PORDENONE  Un noto marchio di calzature con un suo spazio nel cuore della Contrada, il negozio di abbigliamento Joyce (pochi passi più in là), il...

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PORDENONE  Un noto marchio di calzature con un suo spazio nel cuore della Contrada, il negozio di abbigliamento Joyce (pochi passi più in là), il “temporary store” con la grande vetrata curva che fa angolo. Altre tre vetrine che spariranno da corso Vittorio Emanuele. Succederà entro qualche settimana, al massimo in qualche mese. Ma succederà, perché purtroppo le notizie relative all’addio delle attività commerciali sono confermate da dietro il bancone. Si andrà così ad aggravare un bollettino che sembra ormai sempre più simile a un elenco di “caduti”, su un campo di battaglia che una volta era chiamato “salotto buono” e che adesso è diventato trincea economica. 

L’EMORRAGIA
Non è piazza Risorgimento, dove l’argomento, da tanto è trito, è diventato quasi “freddo”. Non è nemmeno via Trento, con i suoi negozi vuoti da anni. E non si sta parlando di periferia. Qui è il cuore di Pordenone che si gioca la faccia. Corso Vittorio, il gioiello del centro, sta vivendo una nuova stagione difficile. E non c’entra il ciottolato “giallo”, ma la spina dorsale dell’esistenza stessa della Contrada: il commercio. Il bilancio, considerato l’orizzonte temporale in esame, è serio: quattro negozi hanno già chiuso tra la fine di ottobre e il 1 gennaio, e a ciò si aggiunge lo spazio vuoto dell’ex Sisley. Hanno abbassato la serranda una merceria, la storica fruttivendola, un negozio di bigiotteria e un emporio di magliette. Tutto in pochi mesi, a ridosso di Natale. E ora arrivano altre tre notizie negative. Lo spazio più grande è quello del temporary store, verso il municipio sul lato sinistro del corso. Ora ci sono in vendita articoli vari, anche materiale per la casa, ma tra qualche settimana la vetrina tornerà vuota e il titolare tornerà a lavorare a Bibione, sul litorale. Gli spazi vuoti aumenteranno sino a toccare quota otto. La preoccupazione è palpabile. Il Comune sta cercando con ogni mezzo di arginare il problema delle vetrine vuote in centro: sono in azione incentivi e leve fiscali, ma più di così un ente locale non può fare. I commercianti pagano fattori esogeni ingovernabili. E il centro vacilla. 
LE TESTIMONIANZE
Paolo Mogno è un commerciante di origini padovane, ma dal 1986 lavora a Pordenone. Ha una pellicceria in corso Vittorio. Accanto a lui ora c’è il vuoto, due vetrine deserte. «La situazione - dice - peggiorerà. Quando sono arrivato c’era la corsa ad ottenere un posto in corso Vittorio Emanuele, oggi invece assistiamo al fenomeno opposto. Gli affitti sono troppo cari, bisognerebbe triplicare la tassazione a carico di chi mantiene una vetrina sfitta». Da dietro il bancone del negozio di calzature che chiuderà nei prossimi mesi, si alza un grido di protesta che ha un tono diverso: «Siamo stati penalizzati dall’addio di Coin - spiegano - e dal fatto che di gente che cammina in corso ce n’è sempre meno. Le calzature di pregio non si vendono più così facilmente». Affitti cari, contrazione dello “struscio” in centro, cambio di rotta della grande distribuzione verso il prezzo invece che verso la qualità: sono i fattori che i commercianti ritengono essere alla base della crisi della Contrada. Nella lista delle cause non compare nemmeno più la concorrenza dei centri commerciali che si trovano alle porte della città: sono considerati quasi “parte del gioco”. 
L’ASSOCIAZIONE 

«Fare piccola impresa - spiega Alberto Marchiori, presidente di Ascom Pordenone - è semplicemente diventato impossibile. La situazione la si può tranquillamente definire drammatica. E vedere le vetrine vuote in corso Vittorio Emanuele è triste e preoccupante. L’amministrazione ha realizzato tanti progetti, ma ancora lo sforzo non è sufficiente. Per arrestare la scomparsa dei negozi serve un’azione dall’alto, dallo Stato, nemmeno dalla Regione. È vero che gli affitti sono alti, ma molti sono trattabili. È la burocrazia che sta uccidendo i negozi del centro, già costretti a pagare prezzi alti per rimanere operativi. La combinazione tra più fattori sta facendo diventare la situazione insostenibile». E passeggiare sotto i portici con meno vetrine da guardare rischia di trasformarsi in una camminata nei ricordi di una Pordenone che sapeva vivere, vendere e comprare.  Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino