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Processo d'appello per il crac di Popolare Vicenza: il pm della Procura generale di Venezia Alessandro Severi chiede la conferma delle condanne per Paolo Marin e Andrea Piazzetta, ex vice direttori generali dell'istituto, mentre l'ex presidente Gianni Zonin si è detto ancora una volta «estraneo» ai fatti contestati che l'hanno portato alla condanna in primo grado a 6 anni e mezzo. Chiesta anche la conferma delle confische a Popolare Vicenza.
«Sono stato l'unico a non intervenire in questa fase - ha dichiarato Zonin ieri in aula bunker a Mestre - non certo per disinteresse rispetto a una vicenda che ha segnato indelebilmente la mia vita e quella dei miei familiari. Fra pochi mesi compirò 85 anni e non sono più in grado di ripercorrere con precisione e completezza vicende ormai risalenti a una decina di anni fa. Devo quindi rinviare a quanto già dichiarato nei tre interrogatori e nel corso del processo di primo grado. Desidero solo ribadire che, in tutti gli anni in cui sono stato presidente di Popolare Vicenza, la mia strategia è stata quella di far crescere l'istituto» facendolo diventare «un mezzo per tutelare il risparmio di tantissimi soci della banca. Per molteplici ragioni questo impegno non è stato coronato di successo». Nel crac sono stati bruciati miliardi di risparmi di oltre 100mila soci. L'ex presidente ribadisce «che ho sempre operato con correttezza e in conformità a quanto previsto dalla legge e dalla normativa. Fino alla primavera del 2015 ero profondamente convinto della solidità patrimoniale dell'istituto. Se avessi avuto anche la minima percezione del fenomeno del capitale finanziato sicuramente non avrei continuato a investire somme importanti - quasi 25 milioni - nelle azioni BpVi. E non ho mai venduto un'azione». Zonin ha ricordato: «Non ho mai subito una condanna penale. Confido che la Corte d'Appello di Venezia possa riconoscere, finalmente, la mia estraneità ai fatti a me addebitati».
La requisitoria nei confronti di Marin - condannato in primo grado a 6 anni come Piazzetta - si è incentrata sulle sue azioni da responsabile della divisione crediti di BpVi e vice direttore generale.
Questo potrebbe tradursi di uno sconto di pena richiesta di 10 mesi. Lo stesso sconto chiesto anche per Andrea Piazzetta, il manager delle operazioni internazionali con i fondi stranieri tipo Athena, Optimum e altri, finanziati con centinaia di milioni dalla Bpvi spesso per comprare azioni della banca e tener buoni i soci. Operazioni che transitavano anche dall'irlandese BpVi Finance. Piazzetta ha sempre detto che eseguiva ordini di Sorato o si trovava di fronte al fatto compiuto da altri. «Spiegazione non convincenti», ricorda il pm nella sua requisitoria. Anche perché in banca c'era solo lui e un altro manager che avessero le capacità tecniche e relazionali per gestire queste operazioni di cui anche Sorato pare capisse poco. E qua Severi fa un appunto: «Anche Zonin, che dirigeva il cda in modo particolarmente autorevole, non si peritò mai di chiedere l'utilizzo di questi finanziamenti fatto dai fondi stranieri», come faceva in altri casi. Infine il capitolo sulle responsabilità di una banca dove gli organi di controllo interni non funzionavano, a partire dal collegio sindacale che vedeva in carica sindaci inseriti anche in società di Zonin. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino