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Corre veloce, il virus. Più dei tamponi, più degli isolamenti fiduciari, più dei ricoveri. Mentre il colore del Paese cambia a suon di Dpcm e Ordinanze regionali, virando verso un arancio-rosso sempre più generalizzato, segno dell’aggravarsi della situazione e dei sempre più stringenti tentativi di arginarla, come sta cambiando la consapevolezza sociale del Coronavirus? Secondo i dati raccolti da Demos per l’Osservatorio sul Nordest, oggi è il 62% degli intervistati a conoscere persone che si sono ammalate di Covid-19: solo due mesi fa, la quota si fermava al 43%.
Che significa? Che la pandemia è entrata nella quotidianità di ognuno. Che ha coinvolto persone che fanno parte della nostra vita. Che è diventata molto più reale, per molti. È soprattutto chi è in possesso di un alto livello di istruzione (71%) e chi ha meno di 54 anni (67-73%) a conoscere persone che si sono ammalate di Covid-19.
I TIMORI
Avere una conoscenza diretta della malattia influenza i timori? La risposta sembra essere negativa. Rispetto al contagio. la paura per gli effetti della crisi economica e sociale resta maggioritaria sia tra coloro che conoscono persone che si sono ammalate di Covid-19 (51%) che quanti non hanno avuto questo tipo di esperienza, per il momento (56%). La sensazione è che siano le persone che godono di maggiori legami sociali ad avere una percezione più concreta del rischio. Questo, però, non sembra tradursi in una crescita dei timori sanitari: preminenti, infatti, restano le preoccupazioni di stampo economico e sociale anche tra chi conosce persone che si sono ammalate di Covid-19.
Con la maggiore familiarità con la malattia è cresciuta anche la propensione alla vaccinazione? Pare di sì. Pur avendo raccolto le risposte prima dell’annuncio di Pfizer, che ha accorciato a qualche mese l’attesa per la distribuzione anche nel nostro Paese, emerge una certa crescita rispetto alla propensione alla vaccinazione, che sale dal 61% registrato nel settembre scorso all’attuale 64%. Sono in misura maggiore uomini (72%), giovani (77%) e anziani (79%) ad essere più convinti di sottoporsi alla vaccinazione, quando sarà disponibile, insieme a impiegati (70%) e studenti (82%), casalinghe (68%) e pensionati (75%). La contrarietà al vaccino, invece, si fa più larga tra le donne (36%) e nella fascia d’età centrale (25-54 anni, 34-47%), ma diventa maggioranza tra operai (52%), disoccupati (62%) e imprenditori (56%). Più veloce del virus, dunque, dovrà correre anche la capacità istituzionale di convincere chi, oggi, guarda con sospetto al vaccino.
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Il Gazzettino