TREVISO Sta male da ormai una settimana. Negli ultimi tempi aveva frequentato le piscine di Valdobbiadene, dove era emerso un caso di coronavirus. Così il suo malessere...
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I SINTOMI L’odissea è cominciata ormai una settimana fa. La donna ha iniziato a sentirsi male domenica. I sintomi sono quelli dell’influenza intestinale. Aveva anche la febbre, sparita solo nelle ultime 24 ore. Sembrava un malessere di poco conto. Non fosse stato per un particolare che di questi tempi fa rizzare tutte le antenne: la 68enne ha frequentato le piscine comunali di Valdobbiadene proprio nello stesso periodo del 55enne che tra la fine di giugno e l’inizio di luglio è risultato positivo al Covid-19. Come prevedono le linee guida, l’Usl trevigiana aveva controllato solo i contatti più stretti dell’uomo. Lei non risultava tra questi. Le cose sono cambiate quando sono emersi i primi sintomi. All’inizio la donna ha provato a curarsi con i medicinali più diffusi, quelli che molti hanno in casa. Poi si è rivolta al medico di famiglia. «Mi è stato prescritto un farmaco anti-vomito per telefono», racconta. Non è bastato. La 68enne ha continuato a sentirsi male. A quel punto il medico ha cercato di capire se ci fossero stati contatti con persone positive al Covid-19. È in questo modo che è stata segnalata l’attività svolta nelle piscine di Valdobbiadene.
IL PRE-TRIAGE Ieri mattina, infine, la famiglia ha deciso di andare al Pronto Soccorso dell’ospedale di Conegliano. Qui c’è stata un’altra brutta sorpresa. «Al pre-triage abbiamo segnalato che eravamo stati mandati dal medico di famiglia come caso sospetto di coronavirus – raccontano – pensavamo che scattasse l’isolamento in qualche stanza e l’esecuzione del tampone. Invece non è stato così. Uno dei due giovani del pre-triage è entrato in pronto soccorso e poi è tornato riferendoci che il medico aveva detto che non potevamo entrare e che dovevamo tornare a casa, mettendoci in isolamento fiduciario». «Nessuno ha nemmeno registrato la nostra presenza – continuano – così siamo tornati indietro, passando tra la gente. Se il coronavirus è presente, l’abbiamo portato un po’ ovunque. Se invece non c’è, non sappiamo come sia possibile che una donna possa rimanere a casa stando male per una settimana senza riuscire a sottoporsi a una visita medica».
L’INGHIPPO Dall’Usl trevigiana sottolineano che l’inghippo è nato dalla gestione del caso da parte del medico di famiglia. «I medici di medicina generale sanno benissimo che non devono mandare i casi sospetti di coronavirus nei Pronto Soccorso – spiega Francesco Benazzi, direttore generale dell’azienda sanitaria –, in situazioni del genere bisogna interpellare il servizio Igiene e sanità pubblica.
Il Gazzettino