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L’ultimo caso in ordine di tempo riguarda uno degli istituti scolastici più grandi e importanti di tutta la regione: il Kennedy di Pordenone. Un allievo è risultato positivo al Covid nell’ambito di un piccolo focolaio familiare e le misure sono scattate immediatamente. Non sono stati rimandati a casa da scuola solo i compagni più vicini al suo banco, ma tutta la classe. Lo ha confermato la dirigente scolastica dell’istituto, Laura Borin. Ora scatteranno i test di massa per verificare l’eventuale movimento del contagio. Ed è un modus operandi che viene seguito sempre più spesso in tutto il Fvg: una specie di “linea dura” contro la diffusione del Covid che sta facendo storcere il naso a molte famiglie ma che rappresenta l’architrave per una scuola in presenza e senza il rischio di far riesplodere i casi tra i giovani.
IL METODO
«Le linee guida sono chiare, bisogna fare così», ha spiegato ieri l’assessore regionale all’Istruzione, Alessia Rosolen, che ha auspicato allo stesso tempo anche un monitoraggio (tra gli adulti in questo caso) dei soggetti vaccinati così come di quelli che ancora non lo sono.
L’EFFICACIA
I Dipartimenti di prevenzione hanno un solo obiettivo da raggiungere: evitare che il contagio possa espandersi magari in una intera scuola e che quindi i numeri possano salire confermando i timori dei più pessimisti. Ci sono però armi diverse e più accurate rispetto a quanto accadeva mesi fa. Primo, ora sono a disposizione i test salivari. Le scuole sentinella partiranno a breve con gli esami (senza bisogno di un team di esperti in classe, vista la facilità dell’autosomministrazione) e le adesioni alla campagna stanno letteralmente volando. Sono 470, ad esempio, a Fiume Veneto, mentre sempre al Kennedy sarà svolto lo screening più accurato di tutta la provincia di Pordenone.
Ma non ci sono ovviamente solo i test rapidi salivari di ultima generazione. Le “squadre speciali” dei Dipartimenti di prevenzione utilizzano sempre più spesso il sistema dei test a tappeto per accorciare o “annullare” la quarantena dei ragazzi che si trovano a far parte di classi con la presenza di un contagio. È il cosiddetto sistema “test to stay”, che permette a chi è negativo di tornare a scuola e di non studiare a distanza. Un metodo che ora molti - anche tra gli esperti - vorrebbero fosse istituzionalizzato per minimizzare i disagi a carico di studenti e famiglie.
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Il Gazzettino