Effetto Covid e fake news, crollo dei donatori di sangue. L'Avis: «Siamo in emergenza»

Una donatrice di sangue
TREVISO - I danni collaterali della pandemia impattano a largo raggio, su tanti fronti. E possono manifestarsi in tempi inaspettati. Prendete l'Avis, uno dei capisaldi del...

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TREVISO - I danni collaterali della pandemia impattano a largo raggio, su tanti fronti. E possono manifestarsi in tempi inaspettati. Prendete l'Avis, uno dei capisaldi del volontariato a Nordest, una macchina da 130mila soci che negli anni non solo ha garantito l'autosufficienza di sangue in ambito regionale ma che ha spinto tutto il sistema nazionale (chiedere ai sardi, i cui ospedali hanno sempre potuto contare sulle donazioni venete). Dopo aver resistito bene nel primo anno di pandemia, quando in realtà c'era ragione di pensare che la Grande Paura bloccasse i donatori, l'Avis ha cominciato a soffrire da marzo-aprile di quest'anno, con un rallentamento che ora spinge la nuova presidente veneta Vanda Pradal - eletta a fine giugno, prima leader donna per l'associazione - a parlare apertamente di situazione critica. Per capire il presente, meglio fare un passo indietro e spiegare perchè oggi è peggio di ieri, ossia perchè la frenata è datata 2021 e non 2020. «All'epoca della prima ondata del Covid - osserva Pradal - come aveva evidenziato il mio predecessore Giorgio Brunello, ci fu una grande risposta, emozionale: molti avvertirono la gravità del momento e si affermò un senso straordinario di solidarietà tra la gente, ci fu una vera corsa ai centri trasfusionali per donare. Quasi contestualmente il Covid fermò l'attività delle sale operatorie e quindi non si avvertì alcuna emergenza».

FRENATA DA MARZO

Scenario radicalmente mutato da allora, per il sommarsi di fattori diversi. «Innanzitutto - prosegue la presidente veneta dell'Avis - va detto che i tempi lunghi della pandemia hanno messo a dura prova la tenuta anche psicologica delle persone. Si pensava di lasciarsi alle spalle l'emergenza che invece è presente e la preoccupazione incide anche nei comportamenti e nelle scelte di tanti donatori. Per fare solo un esempio: facciamo una gran fatica a portare gente al centro trasfusionale di Vittorio Veneto (realtà storicamente d'eccezione, ndr) perchè è ospedale Covid. Un altro elemento è legato al fatto che l'Avis è una realtà fortemente associativa, di incontro: da un anno e mezzo noi non riusciamo a stare in mezzo alla gente, a fare promozione. In passato tanti hanno cominciato a donare perchè hanno trovato la persona che ha saputo toccare le corde giuste, o perchè hanno scoperto che un amico era donatore. In questi tempi di pandemia tutto si è complicato».

LE BUFALE SOCIAL

Ma c'è anche la piaga determinata da una calamità mediatica dei nostri tempi, le fake news. «Purtroppo sui social e a volte anche sui media leggiamo panzane incredibili che si diffondono in un battibaleno e diventano micidiali per il meccanismo della donazione. Tipo che le sacche dei donatori vaccinati vengono buttate perchè il sangue si coagula e fesserie di questo genere, senza alcun riscontro o verifica. Il nuovo numero del nostro magazine Dono & Vita si focalizzerà proprio su questo aspetto, che purtroppo sta generando preoccupazione e sconcerto nella rete dei donatori. Timori senza alcuna ragione: può donare solo chi è perfettamente sano e in salute, e i controlli sono più che rigorosi». In questo contesto matura la criticità di questi ultimi mesi, le parole della presidente cadono come pietre: «A memoria non ricordo una fase così difficile. La richiesta di sangue si sta alzando velocemente da un lato perchè l'estate è stata caratterizzata da un numero spaventoso di incidenti stradali, dall'altro perchè negli ospedali sono ripresi a pieno ritmo gli interventi sospesi durante la prima fase della pandemia. Noi monitoriamo ogni 24 ore la situazione delle Avis provinciali perchè con il calo in atto da un giorno all'altro potremmo non essere più in grado di garantire l'autosufficienza. Invece dobbiamo solo liberarci dalla paura».

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Il Gazzettino