Il telelavoro scatena gli hacker, quattromila attacchi via mail al giorno

polizia a caccia di hacker
TREVISO - Il Covid-19, responsabile della drammatica pandemia di queste settimane, sta trascinando con sé altri virus. Non infettano l’uomo e fanno meno paura, ma...

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TREVISO - Il Covid-19, responsabile della drammatica pandemia di queste settimane, sta trascinando con sé altri virus. Non infettano l’uomo e fanno meno paura, ma possono comunque provocare danni gravi. Sono “patogeni” digitali, che attaccano i sistemi informatici, rubando dati e informazioni e rischiando di mandare in tilt diverse attività aziendali. Con l’emergenza sanitaria, infatti, gli hacker si stanno scatenando: da inizio gennaio a oggi gli attacchi informatici verso bersagli nella Marca sono più che triplicati rispetto alla media ordinaria.

IL DATO
Trevigroup, società specializzata in soluzioni informatiche con sedi a Treviso e Padova, monitorando un campione di un migliaio di suoi clienti ha rilevato da 400 fino a 3-4mila tentativi di infiltrazioni “virali” al giorno. Con picchi, tra l’altro, in corrispondenza o poco dopo gli annunci da parte del governo sullo stato di crisi e sulle misure restrittive. Finora l’offensiva è stata respinta (imprese e professionisti oggetto dell’indagine erano tutti attrezzati, ndr), ma il bombardamento è senza dubbio massiccio e sta proseguendo. Anzi, potrebbe intensificarsi. «Nella corsa al telelavoro da remoto – spiega Andrea Boscain, direttore commerciale di Trevigroup - si sta generando una confusione in cui gli hacker trovano terreno fertile. Lo smart working è una questione ben più complessa e delicata del mettere a disposizione un computer e un paio di cuffie. A partire proprio dalla sicurezza, poiché comporta ulteriori rischi rispetto a quelli già esistenti. Il solo fatto che oggi ci siano molti utenti che dalla propria casa si collegano e scambiano dati con i server aziendali, apre varchi molto più numerosi e molto più agevoli per eventuali attacchi».
LE VITTIME
A essere esposte sono soprattutto le pmi, dove meno diffusa è la cultura di protezione informatica, ma da queste poi i malintenzionati possono risalire fino alle capofiliera. Per esempio, sfruttando la crescente interconnessione tra i macchinari sviluppata con la cosiddetta Industria 4.0. I nuovi untori si presentano spesso sotto le innocue spoglie di una mail. Oltre ai consueti invii di fatture o note di spedizioni, in questo periodo sulla casella di posta elettronica compaiono messaggi che all’apparenza offrono informazioni proprio sul coronavirus, magari citando anche (fasulli) medici e ricercatori. I tecnici di Trevigroup ne hanno individuato quattro versioni differenti. La mail invita ad aprire un link o un documento allegato: se il destinatario abbocca, installa invece un file “malevolo”. Ovvero un programma in grado di bloccare pc o di sottrarre dati per poi, ad esempio, chiedere un “riscatto” per restituirli.
IL PERICOLO

Ma in questo momento potrebbe anche aprire la strada d azioni di spionaggio industriale, sfruttando il collegamento con i sistemi della ditta. A maggior ragione, come spiega Manuel Roccon, responsabile della sicurezza Ict del gruppo trevigiano, perché il portatile personale o il pc casalingo sono in genere meno protetti della rete informatica aziendale. Auspicando che tutti siano dotati di un antivirus e non adottino password elementari, di rado possono contare su filtri per stoppare le mail provenienti da mittenti in black list prima che entrino nel sistema o programmi in grado di riconoscere file dal comportamento sospetto e intercettare anche virus non ancora ufficialmente censiti.
Mattia Zanardo
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Il Gazzettino