Epigrafi sulle vetrine delle 5mila partite iva veneziane: «Senza aiuti è la fine»

Salvatore Scoppetta e la moglie Alice Nason realizzano gioielli in vetro di Murano. Sulla loro vetrina l'epigrafe
VENEZIA - Senza aiuti moriamo. Se riapriamo, falliamo. Ne dà il triste annuncio l'Associazione Partite Iva Venezia. Su centinaia di vetrine di attività...

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VENEZIA - Senza aiuti moriamo. Se riapriamo, falliamo. Ne dà il triste annuncio l'Associazione Partite Iva Venezia. Su centinaia di vetrine di attività commerciali ed artigianali legate al turismo - vetri di Murano, maschere, bigiotteria artistica, oggettistica hand-made - sono comparsi ormai da vari giorni delle epigrafi che annunciano un futuro funesto per tutte le piccole attività che da sole, senza aiuti concreti, non sanno come uscire dalla crisi. 

«Siamo un gruppo nato alle prime ore della pandemia - spiega il presidente del sodalizio, Salvatore Scoppetta, un artigiano che realizza gioielli in vetro di Murano con la moglie Alice Nason -: in pochissimo tempo abbiamo raggiunto un numero consistente di associati, oltre cinquemila, per lo più artigiani e commercianti di Venezia, ma anche della terraferma e di altre località del Veneto».

«SOSTEGNI RIDICOLI»
«Senza il turismo e soprattutto il turismo straniero - continua Scoppetta - noi, non solo non possiamo aprire, ma non vogliamo aprire e non lo faremo finché il mondo non tornerà normale. I costi d'azienda, soprattutto a Venezia, sono altissimi, tra affitti e bollette, rischiamo di fallire tutti. Il finanziamento di 600 euro concesso dal Governo alle partite Iva è una goccia in mezzo al mare ed anche il credito d'imposta del 60 per cento non ha per noi nessun valore. Considerando, infatti, che i nostri incassi al momento sono azzerati, non possiamo scaricare alcunchè e l'affitto dell'immobile lo dobbiamo comunque pagare».
 
«PERICOLO SCIACALLI»
Il problema primario evidenziato dall'associazione è proprio quello degli affitti che il più delle volte non sono stati ridotti. «Ad inizio pandemia - aggiunge Scoppetta - abbiamo presentato due richieste al Comune, rimaste inascoltate. La prima, che fosse avviato un tavolo di confronto con l'associazione che rappresenta i proprietari degli immobili, al fine di trovare un accordo in grado di soddisfare locatari e locatori. La seconda richiesta riguarda i contratti d'affitto d'azienda. Abbiamo domandato al Comune di emanare una ordinanza che vincolasse, almeno per un anno, le singole licenze al nome dell'affittuario, in modo tale che i proprietari degli immobili non potessero sciogliere i contratti d'affitto per trovare poi, a pandemia terminata, un altro locatario in grado di pagare tutto e subito; e caso mai ad un canone d'affitto più alto, con il rischio che i negozi di Venezia finiscano, così, in mano a sciacalli senza scrupoli».

Un altro punto evidenziato dall'Associazione Partite Iva Venezia è il pericolo di un ulteriore spopolamento del centro storico: «Molti artigiani e commercianti vivono a Venezia perché hanno qui la propria attività. Se la perdessero, soprattutto i più giovani, quelli con meno vincoli, deciderebbero di andarsene in terraferma dove la vita è meno cara sotto tutti i punti di vista».
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Il Gazzettino