Moda, il "conto" del coronavirus: mille dipendenti a rischio licenziamento

LA PREVISIONE Un negozio su quattro dovrà licenziare personale
TREVISO - Mille dipendenti a rischio licenziamento entro la fine del 2020. Ecco il conto del Covid sul comparto della moda trevigiana, emerso nel quadro di un'indagine...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
TREVISO - Mille dipendenti a rischio licenziamento entro la fine del 2020. Ecco il conto del Covid sul comparto della moda trevigiana, emerso nel quadro di un'indagine commissionata ad Ebicom e presentata ieri da Ascom. Il focus fotografa un mondo composto da oltre 2500 aziende nella provincia di Treviso di cui 420 nella città capoluogo per un totale stimato in 6300 lavoratori. Il dato emerso è allarmante e conferma la crisi del settore. Durante il Covid un negozio di abbigliamento medio in provincia ha perso circa 200 mila euro tra mancati introiti e merci ferme in magazzino. «Dalla riapertura ad oggi - osserva Guido Pomini, referente di Federmoda Treviso - il settore si attesta su perdite del 35/40%. Il potere di spesa si è notevolmente ridotto a discapito dei beni di fascia alta». 


L'ANALISI
L'analisi individua subito un'importante differenza: hanno sofferto maggiormente la crisi da pandemia i negozi dei centri storici, mentre le realtà commerciali dei piccoli centri hanno tenuto meglio in termini economici. Ma sono stati proprio i negozi del centro a reagire prima e subito, cambiando il layout delle vetrine e spingendo molto sul digitale. «Il 24% dei titolari di negozio nel settore abbigliamento e calzatura sta pensando di licenziare. Inoltre l'87% ha ridotto drasticamente gli ordinativi» conferma Angelo Minuzzo, che ha curato l'analisi su un campione di 100 commercianti trevigiani. Il 90% dei negozi nella provincia di Treviso ha comunque reagito con la riapertura: ma il vero banco di prova sarà l'autunno. «Ad oggi - riprende Minuzzo - almeno per il 65% i negozi stanno cercando di dotarsi di nuove strategie aziendali, modificando la propria struttura aziendale (35%), ampliando i canali di vendita (41%), modificando lo spazio espositivo (45%), incrementando gli strumenti digitali e le connessioni (48%)». È confermato l'affanno economico di fondo del comparto, reduce da 70 giorni di lockdown, in totale crisi di liquidità (il 58% ha fatto richiesta ai finanziamenti bancari garantiti dallo Stato) e appesantito da contratti di affitto troppo onerosi e preoccupato per il personale dipendente. Cambia, nella sostanza, la vita dentro ai negozi. Con la riapertura, solo il 27% dei negozi ha visto un maggiore afflusso di pubblico rispetto alle attese, mentre il protocollo di sicurezza ha impattato abbastanza pesantemente, visto che per il 67% delle imprese ha creato limitazioni, disagio nel provare la merce (53%), ostacoli nella relazione col cliente e quindi la diminuzione delle vendite (38%) o acquisti più rapidi e mirati (32%) o addirittura ostacoli all'entrata del punto vendita (16%). I consumatori, se da una parte si stanno confermando attenti al rispetto delle norme di sicurezza, dall'altra manifestano la volontà (per il 40%) di ridurre il tempo di permanenza nei negozi e l'orientamento ad acquistare articoli meno costosi e promozioni. 

FORMAZIONE
Complesso il rapporto negoziante-fornitore: l'89% ha ottenuto una dilazione di pagamenti ed il 40% uno sconto sulla merce, ma nell'insieme ne è uscito, pur con varie sfumature, un rapporto difficile e non soddisfacente. Secondo il referente Federmoda Treviso Guido Pomini il focus conferma la grande spinta verso il digitale che oggi appare come la scelta obbligata per la maggioranza degli intervistati, anche in conseguenza dell'obbligo di distanziamento, ma che potrebbe diventare - di fatto- anche una nuova modalità di vendita con l'incremento degli strumenti a disposizione. «Sarà necessario rivedere le basi contrattuali con le quali si fanno gli approvvigionamenti. Inoltre intendiamo mettere in atto azioni concrete perchè le aziende che intendono licenziare abbiano la possibilità di convertire le competenze del personale attraverso un percorso di crescita nell'ambito digitale». 

IL RISTORANTE

A Villorba, intanto, le porte del ristorante-pizzeria Le Terrazze restano chiuse. Il locale ospitato nel complesso lungo la Pontebbana non ha più riaperto dopo la fine del lockdown legato all'emergenza coronavirus. Le serrande sono abbassate e il telefono è sempre staccato. Di conseguenza anche l'hotel Le Terrazze, che invece ha ripreso l'attività, pur con ritmi ridotti, ha dovuto riorganizzarsi. Gli immobili sono dello stesso proprietario, una società con base in Lombardia. Ma le gestione delle due attività è diversa. Prima i clienti dell'albergo potevano pranzare e cenare proprio nel ristorante-pizzeria Le Terrazze. Adesso vengono indirizzati altrove. A pochi metri c'è il food-bar Trevissa, tornato operativo dopo il lockdown. Di pari passo, poi, sono stati stretti contatti anche con altri locali della zona di Villorba. Sulla porta del ristorante-pizzeria Le Terrazze, intanto, sventola ancora l'avviso appeso all'inizio del blocco dovuto all'emergenza coronavirus. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino