La storica pizzeria Da Pino rischia di chiudere: «Così resistiamo ancora pochi mesi»

La storicLa storica pizzeria Da Pino rischia di chiudere: «Così resistiamo ancora pochi mesi»a pizzeria Da Pino in piazza dei Signori a Treviso
TREVISO - «Ce la facciamo con i costi fino a settembre, cioè quando scadrà la cassa integrazione. Poi vedremo, ma temo per le nostre attività». La...

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TREVISO - «Ce la facciamo con i costi fino a settembre, cioè quando scadrà la cassa integrazione. Poi vedremo, ma temo per le nostre attività». La ripartenza lenta non risparmia neppure Da Pino, che della città è una icona che presidia la piazza. Da ieri il noto locale ha avviato il servizio di delivery, per andare incontro a chi a pranzo decide di restare in ufficio; per il resto si lavora al 50% della disponibilità dei posti.


«È una fase improntata alla cautela - dice Francesco Giordano, il titolare del gruppo di locali sparsi un po' per tutta la regione - soprattutto è scomparsa la clientela composta dagli over 55. Sono diffidenti, ancora non sembrano pronti a uscire e alle abitudini che avevano prima del coronavirus. Ci salviamo con i più giovani, quelli che stanno compresi tra i 17 e i 30 anni, più propensi alle uscite e soprattutto meno timorosi. A Jesolo, ad esempio, quello passato è stato un buon week end ma i ragazzi non sono sufficienti a riempire i locali. Diciamo che rispetto all'anno scorso abbiamo un calo del 50, forse 60%. Ci mancano tutte le cene di lavoro, i pranzi, le occasioni per stare tra amici. Le tavolate di fatto non esistono più». 

L'ATTESA
Per Giordano una parola definitiva sulla qualità della ripartenza si potrà dire fra 14 giorni e soprattutto il prossimo autunno. «Tanta gente - spiega - aspetta di vedere se le nuova riaperture hanno fatto sì che vi sia un recrudescenza del contagio. Poi valuteranno. Ma soprattutto è il periodo autunnale che ci dirà se siamo davvero fuori da questo inferno. A quel punto due sono le strade: il coronavirus non riprenderà e allora forse torneremo a vivere come prima oppure ci sarà un nuovo picco e allora le persone, spaventate, si ritireranno in casa. E poi c'è da considerare il numero di chi si vaccinerà per l'influenza. Se saranno pochi basterà un raffreddore a tenere lontani i clienti, sono sicuro che si ingenererà un fobia e se ne staranno a casa». 

IL TIMORE

È un'analisi, quella di Giordano, che però non sottovaluta neppure il momento economico. «C'è un nuovo approccio al lavoro pieno di incognite - dice - tanti si chiedono cosa succederà se il virus riprende forza e la maggior parte guarda con timore ai prossimi mesi. C'è incertezza e si tratta di un nemico mortale dei consumi, soprattutto nel campo della ristorazione». Ma quanto si può resistere con il 50% del fatturato? «Abbiamo fatto due conti e con la metà dei lavoratori in cassa integrazione si riesce a contenere le perdite per 4 mesi, forse 5. Poi verrà il momento della verità, quando gli ammortizzatori sociali non ci saranno più. A quel punto speriamo davvero ci si possa risollevare i tornare alla normalità, altrimenti temo molto per le nostre attività».  Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino