Del Piero e il virus, il suo locale di Los Angeles prepara i pasti per l'ospedale

Alessandro Del Piero
I ristoranti sono chiusi a Los Angeles, dove le restrizioni si chiamano davvero lockdown e dureranno almeno fino al 15 maggio. Al massimo consegne a domicilio, come quelle...

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I ristoranti sono chiusi a Los Angeles, dove le restrizioni si chiamano davvero lockdown e dureranno almeno fino al 15 maggio. Al massimo consegne a domicilio, come quelle decisamente speciali che ieri ha cominciato a fare il "No.10", locale di cui il trevigiano Alessandro Del Piero è proprietario e testimonial. «Felice di aver portato un piccolo contributo al Children's Hospital», ha detto l'ex azzurro e capitano della Juventus, commentando la parziale riconversione della sua cucina a favore dell'ospedale pediatrico in Sunset Boulevard, a cui ha personalmente portato decine di sacchetti di cibo italiano da asporto.


IN QUARANTENA

Una breve uscita in mascherina e guanti da casa, dove Del Piero sta trascorrendo la quarantena insieme ai piccoli Tobias, Dorotea e Sasha e alla moglie Sonia, che appunto «da madre di tre figli» si è detta a sua volta «orgogliosa» del dono: «Spero che faccia felici i bambini». Ha raccontato l'altra sera il campione del mondo, originario di San Vendemiano, a Otto e mezzo: «Sono abituato a prendere 7-8 aerei al mese e viaggiare in giro per il mondo, per cui non venire in Italia mi infastidisce parecchio. Lì ho parte della mia famiglia, amici, molti dei miei lavori, quindi è molto difficile. Però non mi lamento affatto, perché c'è gente che vorrebbe stare in casa e invece deve combattere questo virus in prima linea». Una battuta sul presidente Trump («un provocatore, è un po' il sovranismo all'americana»), un dribbling sul premier Conte («di Conte ne conosco un altro, che è stato mio compagno e allenatore...»). Come far ripartire il calcio? «La decisione ha risposto non spetta alle società di calcio o al movimento calcistico in generale, ma ai medici, al Governo e alle persone che hanno sotto mano la priorità numero uno, che è la salute». Un pensiero al Covid-19, che ha decimato «la generazione dei miei genitori, dei nostri genitori», ma anche alla prima passeggiata che farà, quando tutto questo sarà finito. «A 24 anni ha ricordato, tornando con la memoria a Udine mi sono infortunato al ginocchio e non ho camminato per quattro mesi. La possibilità di camminare di nuovo, a me che ero abituato a correre, ha regalato la sensazione di dire: wow! Quindi il mio augurio è che tutto quello che oggi accade, possa rimanerci dentro dopo».
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Il Gazzettino