TREVISO Quando ormai quasi intravedevano l’agognato traguardo, il nuovo decreto governativo ha rinviato ulteriormente la fine del lockdown per le attività...
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GRAVI PREOCCUPAZIONI
La preoccupazione (“Condivisa in primis dai nostri collaboratori stessi”) è che al termine delle settimane di ammortizzatore le aziende non siano sopravvissute. «Un rischio drammatico per il tessuto produttivo che da Roma sembrano non capire - rincara il massimo rappresentante di Confcommercio - Le nostre imprese sono allo stremo. Chiediamo, pur nel rispetto della salute pubblica e della sicurezza di cui siamo i primi responsabili, la riapertura immediata del dialogo e maggiore libertà alla Regione che ha dimostrato di conoscere imprese, cittadini, territori». Tra i più in sofferenza, il comparto dei pubblici esercizi. Il provvedimento di Palazzo Chigi ha dato la possibilità di fornire cibo per asporto, peraltro già prevista in Veneto da alcuni giorni, in seguito all’ordinanza regionale del 24 aprile. Una misura che si aggiunge alla consegna a domicilio e che la stessa Confcommercio aveva sollecitato. Troppo poco, tuttavia. «Non vorrei passasse l’idea che queste formule possano costituire una nuova modalità di ristorazione – specifica Capraro -. I ristoranti non nascono per questo: oggi chi può si sta organizzando per rispondere soprattutto a coloro che, tornando al lavoro nelle fabbriche, hanno l’esigenza di trovare un pasto nel modo più semplice e sicuro. E’ un lumicino per mantenersi in vita, non certo una soluzione». La Fipe, la Federazione italiana pubblici esercizi, oltre 4mila associati nella Marca, stima che asporto e consegne a casa valgano, in media, non più del 20% del giro d’affari. «Prima dell’emergenza sanitaria, il 5% delle ditte praticava le consegne – nota la presidente provinciale Dania Sartorato -. Con il lockdown si è passati ad un 10-15%, ma comunque la percentuale rimane limitata. L’asporto è una finestra di operatività in più, ma l’uno e le altre costituiscono una quota marginale di quanto si potrebbe fare soprattutto in un periodo come questo, con tanti ponti e un clima fantastico: senza l’epidemia avremmo potuto avere davvero una stagione eccellente».
RIPARTENZA PIU' LONTANA
aristi, ristoratori e gestori di locali vedono dunque allontanarsi ancora l’orizzonte di una ripartenza. Sartorato non nasconde le difficoltà per una platea crescente di realtà: “L’11 di marzo ci è stata ordinata la chiusura, doveva durare due settimane, in realtà finirà per essere di poco meno di tre mesi. La situazione va progressivamente peggiorando, più passano le settimane più è duro sostenere questa condizione con l’arrivo di utenze da pagare, affitti e altri costi”. A complicare le cose, l’incertezza, da un lato, sulle prescrizioni con cui potrà avvenire la riapertura (“L’invito ai colleghi è di fare molta attenzione ad acquistare certi dispositivi, come divisori in plastica, della cui effettiva necessità oggi non c’è alcuna sicurezza”) , dall’altro, sulla risposta dei clienti. Per questo la Fipe ha scritto ai sindaci chiedendo il sostegno per una campagna di informazione e sensibilizzazione tra i cittadini. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino