L'avventura dei Corò: «Il mobilificio in villa è il nostro successo: siamo un marchio di fabbrica»

I fratelli Corò
VENEZIA - È una di quelle storie sulle quali è nato il miracolo del Nordest nel pieno degli Anni Sessanta. Un piccolo artigiano che sogna in grande e la bottega di...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

VENEZIA - È una di quelle storie sulle quali è nato il miracolo del Nordest nel pieno degli Anni Sessanta. Un piccolo artigiano che sogna in grande e la bottega di falegname diventa un mobilificio e poi un enorme negozio. Una specie di metalmezzadro senza terra, che preferisce la sfida a un posto fisso nella fabbrica. Porto Marghera con Petrolchimico è a due passi dalla Riviera del Brenta, la barena è piatta e il fumo delle ciminiere si vede come se fosse dietro la porta. Umberto Corò decide che vale la pena rischiare, lo fa con coraggio e fantasia che lo porteranno anche lontano, a vendere i suoi mobili in Marocco, nella via principale di Casablanca, accanto al negozio del re. E spinge i figli a seguire una specie di tradizione: ogni volta che deve aprire un punto vendita, compra una villa veneta, di quelle abbandonate, e la rimette a posto col parere della Soprintendenza. Così oggi la famiglia Corò ha la villa Priuli Donà a Marano di Mira, quella Bembo a Mira, la Villa Albuzio a Zero Branco e la Villa Vascellari nel Trevigiano, a Chiarano. La villa è diventata il loro marchio di fabbrica. L'organico del gruppo conta su un centinaio tra dipendenti e collaboratori, il fatturato supera i due milioni di euro. Maurizio Corò, 62 anni, di Mirano, gestisce la fabbrica di Marano. È lui a raccontare. Gli altri fratelli - Claudio, Lorenzo e Luca - sono sparsi tra la Riviera e il Trevigiano.

Come è incominciata la storia dei Corò? «Mio padre Umberto, figlio di un ferroviere, è nato nel 1934 e cresciuto a Marano di Mira. Erano 12 fratelli, una famiglia numerosa e povera. Lui a 15 anni era a bottega da un falegname, lavorava nella stessa via dove abitava mia madre Giustina che faceva la sarta. Dopo il matrimonio si è messo in proprio, conserviamo la licenza del 1959 per la vendita di mobili a Marano di Mira. Dopo un po' ha comprato questa villa di Marano che era di proprietà di una famiglia che l'aveva abbandonata. Lui ci viene ad abitare, ne fa il primo punto vendita e colloca la falegnameria nelle cantine. Capisce che il commercio rende di più».

Ma era così facile comprare una villa storica in Riviera del Brenta? «Il papà non ha conosciuto altro che lavoro, con la cultura della seconda elementare, ma col fiuto degli affari. Ha acquistato questa villa perché il prezzo non era alto e concedeva spazi per la fabbrica, era un contenitore splendido. Ci ha preso gusto, ha comprato una villa ogni dieci anni, i proprietari le svendevano perché mantenerle costava troppo. Per quella di Marano ha fatto i salti mortali. Aveva saputo che il proprietario era un certo Eugenio Silva, figlio di un commerciante di legname di Dobbiaco, e allora va a Dobbiaco e parte con la sua Ape, un viaggio lunghissimo su tornanti di montagna. Una volta a colloquio con Eugenio gli chiede in prestito anche 1000 lire per la benzina della moto, racconta che ha lasciato a casa il portafogli, ma lui non ha mai avuto un portafogli. Voleva solo capire se l'altro si fidava. Era il tempo in cui si pagava tutto in cambiali, era la vera moneta di quell'Italia, e lui ha firmato una montagna di cambiali».

Va bene, ma addirittura quattro ville? «Un capannone commerciale costava più di una villa e mio padre vedeva in queste bellissime costruzioni anche una funzione: erano abbandonate, doveva subentrare qualcuno che la vivesse e ci costruisse un futuro. Papà le vedeva come investimento, è sempre stato affascinato dalla casa e dalla terra, da morto di fame gli mancava sempre la terra sotto i piedi. Certo non costavano troppo, questa di Marano era stata bombardata in guerra e c'erano ancora i segni. Con 6 ettari di terreno nel 1960 l'ha pagata 40 milioni di lire, il costo di una decina di appartamenti. Ha venduto un terreno edificabile e ha guadagnato il doppio del prezzo della villa. La mia villa di Mira è costata 200 milioni, quelle di Zero Branco e Oderzo 300 milioni di lire. Ma chi si compra oggi una villa da restaurare e da mantenere?».

Come è stata l'esperienza del fondatore in Marocco? «A cinquant'anni ha fatto un viaggio in Marocco ed è rimasto affascinato per il clima, lui che si era rovinato le ossa per l'umidità laggiù si sentiva sempre meglio. Così gli è venuta voglia di restarci per un po', ha conosciuto italiani che si erano trasferiti, ha ricominciato a fare quello che aveva sempre fatto: costruire mobili e rivenderli. L'attività è andata così bene, sotto la sigla Corò design italiano, da richiedere l'aiuto di Luca, il mio fratello più giovane. Ci sono rimasti più di vent'anni, fino a quando mio padre ormai quasi ottantenne è rientrato per godersi la campagna con mia mamma».

Quando inizia la storia di Maurizio Corò? «Siamo quattro fratelli, eravamo bambini cresciuti nel cassetto del comò usato come culla di giorno, non ci hanno mai lasciato giocare come gli altri bambini. Non ci mancava niente, ma non c'era niente di più. Il lavoro non l'ho scelto, mi è stato imposto, ma è stata la mia fortuna. Dopo il diploma di ragioniere, mi sono iscritto a Ca' Foscari in Economia, ho dovuto interrompere per lavorare in azienda. A 62 anni credo di essere soddisfatto. Siamo partiti dalla gavetta: consegne, montaggio dei mobili, aiuto nella falegnameria, vendita. Papà ha restaurato le ville una a una per mettere ognuno di noi nelle condizioni di essere autonomo. Gestisco il punto venduta storico di Marano e il negozio di Mira che, dopo 15 anni di restauri, è diventato villa servizi per matrimoni, eventi aziendali».

Come sono i clienti nel tempo del Covid? «Noi copriamo segmenti di mercato medio alto, solo prodotti nazionali. Lavoriamo anche con l'Europa, ma il mio cliente-tipo è nel Triveneto, nel raggio di 100 chilometri. Abbiamo clienti fidelizzati, di padre in figlio dagli Anni Ottanta: per noi erano quasi di famiglia, vendevamo senza cambiali, sulla fiducia. Oggi consegniamo arredamento per ogni genere di locale, chiavi in mano. Certo questo è un momento particolare, ma il settore arredamento sta fortunatamente reggendo. I clienti sono ritornati».

Per anni il marchio Corò è stato anche sport e spettacolo? «Siamo da sempre sponsor dello sport locale: pallacanestro, ciclismo, rugby maschile e femminile, le ragazze qualche anno fa hanno vinto lo scudetto. Quando si lavorava bene e tanto, siamo stati anche sponsor al Festival di Sanremo con Radio Italia solo musica italiana, abbiamo arredato lo spazio dove i cantanti venivano intervistati. Quando Arisa ha vinto il Sanremo Giovani ha girato il video nel nostro mobilificio. Nel 2005 offrivamo l'arredamento di un appartamento ai vincitori di una popolare trasmissione in Rai, il sabato sera in diretta, Il treno dei desideri con Antonella Clerici».

E oggi come si presenta la situazione del settore? «Per quanto riguarda gli eventi, da marzo sono tutti saltati, come i matrimoni, le feste aziendali tutto spostato, si spera, al 2021. Ma resto convinto che il nostro cliente tornerà. Noi abbiamo scelto di confermare tutto il personale, anzi sto lavorando per assumere. La situazione ci ha costretto a fare cose mai vissute, ci siamo trovati spaesati, però siamo ripartiti con fiducia. La nostra forza è il post-vendita, il rispetto del cliente. Nei giorni dell'ultima acqua alta a Venezia ho mosso barche per accontentare un cliente veneziano a risolvere un problema. Col tornado della Riviera del Brenta ho messo a disposizione i magazzini per ricevere i mobili delle famiglie che dovevano sgomberare le case e ho regalato tutti i mobili usati che potevano servire».

Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino