La poliziotta anti Green Pass va in tv e attacca: «È discriminatorio»

Caterina Fabbrizzi, 56 anni, vice sovrintendente in forza alla Polfer di Treviso
TREVISO - «Il Green Pass obbligatorio per i lavoratori rappresenta una discriminazione. La scelta rispetto ai vaccini è seria. Non si può pensare di procedere...

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TREVISO - «Il Green Pass obbligatorio per i lavoratori rappresenta una discriminazione. La scelta rispetto ai vaccini è seria. Non si può pensare di procedere semplicemente togliendo le alternative». A parlare è una poliziotta No Pass che l'altra sera ha ribadito le sue posizioni anche in diretta alla trasmissione Controcorrente di Rete4: lei è Caterina Fabbrizzi, 56 anni, vice sovrintendente in forza alla Polfer di Treviso e dirigente del sindacato Fsp. Lei non si è vaccinata. Da venerdì scorso, giorno dell'introduzione del Green Pass obbligatorio, non è più andata al lavoro. 


Al momento è assente per altri motivi, non in modo ingiustificato per la mancanza della certificazione verde. A breve, però, il nodo verrà al pettine. «Sono allergica rivela mi è stato detto che dovrei farlo in ospedale, sotto controllo. Non stiamo parlando di una passeggiata. Purtroppo non si trovano medici disposti a firmare l'esonero». Nemmeno i suoi figli hanno ricevuto l'iniezione anti-Covid. «Ma per scelta autonoma sottolinea lei non siamo una famiglia di No-Vax o di terrapiattisti. Io ho fatto gli altri vaccini e credo nella medicina. Ma sono scettica rispetto a questa vaccinazione contro il coronavirus, da più parti inquadrata come sperimentale». 


La poliziotta No Pass assicura che altri suoi colleghi a Treviso stanno vivendo la medesima situazione. All'interno della polizia sarebbero in media l'8% quelli senza Green Pass. Se non ci si vaccina, l'unica strada che rimane è quella dei tamponi periodici per avere la certificazione temporanea. Ma Fabbrizzi non ha ancora deciso come procedere. «Vedrò come comportarmi», prende tempo. L'altro ieri ha guardato a distanza la manifestazione contro il Green Pass nel porto di Trieste sgomberata dai suoi colleghi, che sono ricorsi anche agli idranti. «Sono arrivati degli ordini e credo che abbiano obbedito con dispiacere davanti a una folla pacifica che era inginocchiata e che pregava. È stata una cosa molto difficile: penso li segnerà per il resto della loro carriera». Adesso la 56enne deve valutare se tornare a lavorare o meno con i tamponi. Se dovesse farlo, però, riuscirebbe a controllare che i cittadini abbiano il Green Pass nelle situazioni in cui è obbligatorio? «Non ci sarebbero contraddizioni, dato che sarei in servizio avendo a mia volta il Green Pass temporaneo». (m.f) Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino