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CONEGLIANO - Undici anni, un mese e 15 giorni di reclusione. Una lunga detenzione che potrebbe finire presto se gli verrà accordato il regime di semilibertà. Il 2 marzo il Tribunale di Sorveglianza esaminerà la richiesta di Stefano Rizzo e del suo legale, l’avvocato Lorenza Secoli, di godere dei privilegi previsti dalla legge. Ma l’ex moglie Gianangela Gigliotti, che tentò di uccidere, è inquieta: «Ho paura. Mi rammento ogni giorno quello che è successo, lo ricordo come fosse oggi».
LA VICENDA
Il sessantenne la sera del 24 luglio del 2013 aggredì e tentò di uccidere la ex moglie; entrò nell’appartamento di via Vecchia Trevigiana a Parè di Conegliano da una portafinestra lasciata aperta e iniziò a colpire la Gigliotti, dipendente amministrativa dell’Usl 7, con una roncola. Fendenti al collo, alle braccia e alla schiena sferrati con violenza, tanto da tranciare di netto alla vittima tre dita della mano. La donna, che rischiò di morire dissanguata, venne ritrovato 20 minuti dopo l’aggressione dal figlio. Rizzo nel frattempo si era dato alla fuga. Raggiunse la foce del Piave, a Cortellazzo, gettò l’auto aziendale nel fiume e inscenò un suicidio. Poi, con una bici rubata, raggiunse San Donà, vagando senza meta. Dopo quattro giorni di latitanza venne arrestato a casa della madre ad Arcade. Rizzo, che in un biglietto lasciato alla nuova compagna, da cui aveva avuto un figlio, aveva di fatto confessato il tentato omicidio - «Mi sono tolto un peso e l’ho fatta fuori» era scritto nel messaggio - ha trovato oggi un lavoro in un a cooperativa. Il regime di semilibertà prevederebbe l’uscita dal carcere in orario diurno e il ritorno dietro le sbarre la sera.
LA REAZIONE
«Non dovrei dirlo - dice Gianangela Gigliotti, che rimase tetraplegica a seguito dell’attacco dell’ex marito - ma il fatto che lui sia fuori dal carcere mi mette un po’ di inquietudine.
Il Gazzettino