CONEGLIANO (TREVISO) - Sei anni di reclusione per aver fabbricato e diffuso materiale pedopornografico in cui la protagonista era la figlia, al tempo dei fatti 13enne. È la...
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Il legale si era espresso per la necessità di un esame sullo stato mentale della 58enne dopo la deposizione della sua assistita. Una testimonianza a tratti molto drammatica durante la quale la donna ha di fatto ammesso i fatti di cui era stata accusata, dicendo però di essere stata “plagiata”, condizionata e ricattata dall’uomo che le aveva chiesto filmati hard di lei e della ragazzina minacciandola di diffondere il materiale compromettente che la canadese gli aveva in precedenza inviato. «All’inizio non avevo capito la gravità di quello che stavo facendo - ha spiegato alla Corte - poi invece ho realizzato che era tutto sbagliato». «Lui mi ha minacciato e ricattato - ha raccontato in udienza - diceva che se non facevo quello che mi chiedeva mi avrebbe lasciato. Voleva che mi riprendessi mentre facevo sesso con altri uomini e poi ha preteso quel video con mia figlia. Mi ha minacciato dicendo che se non continuavo a spedirgli quelle cose avrebbe diffuso su internet i filmini di me che gli avevo inviato in passato».
La vicenda era venuta alla luce nel corso di una indagine condotta dalla Procura di Napoli nei confronti del presunto amante virtuale della 58enne, attualmente a processo nel capoluogo campano per detenzione di materiale pedopornografico. Tra gli oltre 600 file ritrovati nel suo computer la Polizia Postale aveva scovato anche il video che ritraeva la 13enne, ripreso durante una vacanza che la giovanissima aveva trascorso nel 2012 con la madre e il padre (oggi separati) in Croazia. Il filmato è stato visionato ieri durante il dibattimento: oltre alla voce dell’uomo, che da istruzioni alla giovanissima su cosa fare, si sente anche la 58enne che, a un certo punto, inizia a ridacchiare mentre la figlia viene costretta ad esibirsi. Mentre le indagini della Procura napoletana andavano avanti nel 2013 anche il padre della ragazzina aveva sporto denuncia dopo aver trovato nel computer di casa materiale pornografico in cui erano presenti la moglie e la figlia. La difesa ha già annunciato ricorso in appello. I giudici hanno invece respinto la richiesta del Comune in cui risiedeva la famiglia, che pretendeva di vedersi riconosciuti danni materiali e morali per aver dovuto pagare la spesa dell’assistenza sociale in comunità data alla giovane bisognosa di protezione e tolta su decisione del Tribunale dei Minori da quell’ambiente familiare fortemente marginalizzato.
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Il Gazzettino