VENEZIA Il “concorso dei veleni” all’Università di Padova può andare avanti. L’ha deciso il Tar del Veneto con la sentenza, pubblicata ieri...
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LE SITUAZIONI
Come detto si tratta di situazioni diverse, anche sotto il profilo della gravità degli illeciti contestati e della fase dei procedimenti giudiziari. Il caso mediaticamente più eclatante è probabilmente quello di Pietro Litta, l’ormai ex responsabile del centro di Endoscopia ginecologica, tuttora indagato dalla Procura di Padova per peculato con l’ipotesi che abbia effettuato visite in nero: dallo scorso 3 luglio il luminare è stato sospeso per un anno dalla docenza e dalla ricerca, un provvedimento su cui pende un ricorso al Tribunale amministrativo regionale, che intanto ha però respinto la richiesta di sospensiva. È invece definitiva la condanna a dieci mesi e venti giorni per falso ideologico emessa il 4 maggio 2016 dalla Corte di Cassazione nei confronti di Massimo Piergiuseppe Franchi, ordinario a Verona, dov’è direttore della sezione di Ostetricia e Ginecologia: incaricato di seguire una procedura di mobilità per un posto di dirigente medico, il docente aveva attestato nel verbale di colloquio con l’unica concorrente di non incorrere in situazioni di incompatibilità, quando invece si trattava di sua moglie. Guido Ambrosini, già responsabile della struttura semplice di Fisiopatologia della riproduzione umana, dallo scorso 2 maggio è sotto processo a Padova per abuso d’ufficio: è accusato di aver fatto pagare solo il ticket, e non l’intero costo della prestazione, per una fecondazione assistita. Infine il 2 ottobre 2013 Erich Cosmi era stato condannato a venti giorni e 800 euro per guida in stato di ebbrezza.
LE MOTIVAZIONI
Erano stati proprio Ambrosini e Cosmi a presentare il ricorso al Tar contro la nomina della commissione giudicatrice del concorso, avvenuta il 23 agosto, sostenendo che dovesse essere scelta tramite sorteggio e non secondo il criterio delle mediane. Come si legge nelle motivazioni della sentenza, i due associati avevano lamentato «una situazione di forte tensione e disaccordo tra tutti i medici della Clinica e il Direttore», cioè Giovanni Battista Nardelli finora unico professore di prima fascia, tanto che «il forte disagio e il contrasto» li avevano indotti a chiedere (inutilmente) all’Ateneo «di attivarsi per garantire l’assoluta imparzialità e trasparenza in relazione a tutti i programmati adempimenti concorsuali». Pur avendo inizialmente sospeso il decreto del rettore, nel merito i giudici hanno ritenuto che in questa fase sussista una carenza di interesse in capo ai due ricorrenti: «Il provvedimento di nomina della commissione giudicatrice può essere impugnato dal candidato solo nel momento in cui, con l’approvazione delle operazioni concorsuali e la nomina del vincitore, si esaurisce il relativo procedimento amministrativo e diviene compiutamente riscontrabile la lesione della sfera giuridica dell’interessato». Tradotto: potrà semmai essere impugnata la graduatoria finale, non questo atto intermedio. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino