Colletta in tribunale per il ricorso dell'ex assessore regionale Chisso

Renato Chisso e il suo legale
«Magari si fosse trattato di chili, purtroppo si tratta di soldi». Inizia così la gustosa, anche se per certi versi drammatica, lettera che il Direttore...

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«Magari si fosse trattato di chili, purtroppo si tratta di soldi». Inizia così la gustosa, anche se per certi versi drammatica, lettera che il Direttore amministrativo del Tribunale di sorveglianza di Venezia ha inviato al Gazzettino a proposito del pacco respinto per tre volte dall’Ufficio postale, pacco che conteneva il ricorso dell’avv. Antonio Forza contro la re-incarcerazione di Renato Chisso.

Il punto è che quel pacco contenente il ricorso è partito solo perché negli uffici del Tribunale è stata fatta una colletta. Incredibile, ma vero.  I fatti: domenica scorsa avevamo scritto che il ricorso, presentato il 26 novembre, era stato spedito a Roma il 30 dicembre perché per ben tre volte era stato respinto dalle Poste. Ma non si trattava di eccessivo peso, avverte con garbata ironia la dottoressa Pierina Dalla Zuanna, ma di "volgari" quattrini. Al momento della spedizione infatti, «abbiamo verificato che il primo dicembre era scaduta la convenzione del Ministero della Giustizia con Poste italiane per la spedizione a mezzo raccomandata dei plichi di peso superiore ai due chilogrammi». E nel caso del fascicolo di Chisso si trattava di 2 chili 660 grammi. «Nell’impossibilità di “spacchettare” il plico, nel silenzio degli uffici ministeriali, la direzione del Tribunale si è trovata in involontaria ma chiara posizione di stallo». Possibile che gli uffici di un Tribunale non abbiano a disposizione qualche decina di euro per le emergenze? Possibilissimo. «Essendo l’Ufficio privo di autonomia di spesa – continua Pierina Dalla Zuanna - i funzionari del Tribunale hanno provveduto di tasca propria alla spedizione del plico». Insomma, siamo all’assurdo che per far funzionare gli uffici di Giustizia, invece di pagare il personale, è il personale che deve pagare. «Non sono importi che possano pregiudicare la nostra vita quotidiana – avverte con delicatezza la lettera del Direttore amministrativo – Soprattutto di fronte alla consapevolezza dei diritti di tutti i condannati ad ottenere risposte nei tempi previsti». Un diritto di cui evidentemente non è cosciente chi dirige questi uffici giudiziari, ma c’è speranza: «Ovviamente la colletta verrà ripetuta qualora si verificasse l’esigenza di un’altra spedizione, nella speranza che a breve vengano chiarite le nuove modalità operative». Speranza, per l’appunto… Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino