Coccodrillo marino pasto indigesto del Giurassico, lo studio di due ricercatori

Coccodrillo marino pasto indigesto del Giurassico
PADOVA - Un giovane coccodrillo marino del Giurassico Superiore era un pasto indigesto per i grandi predatori di tanto da essere rigurgitato: è accaduto 150 milioni di anni...

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PADOVA - Un giovane coccodrillo marino del Giurassico Superiore era un pasto indigesto per i grandi predatori di tanto da essere rigurgitato: è accaduto 150 milioni di anni fa e a ricostruire la storia sono stati due ricercatori italiani. Giovanni Serafini, dell'Università di Modena e Reggio Emilia, e Luca Giusberti, dell'Università di Padova. Studiando i resti fossili presenti nel Museo di Geologia e Paleontologia dell'università di Padova, i due ricercatori hanno scoperto che sono appartenuti ad un giovane esemplare di rettile marino che è stato rigurgitato 150 milioni di anni fa: è il primo del genere segnalato tra i suoi simili e il terzo in una rigurgitalite in tutto il mondo.

Nel 1980 il geologo feltrino Danilo Giordano scoprì presso Ponte Serra, in provincia di Belluno, i resti scheletrici di un piccolo rettile teleosauroide (gruppo di animali marini prossimi ai coccodrilli) in una lastra di Rosso Ammonitico Veronese, formazione geologica celebre per l'attività estrattiva in Veneto. Nonostante il reperto fosse esposto da alcuni anni al Museo di geologia e paleontologia dell'Università di Padova, questo aveva ricevuto poca attenzione fino al 2021. Durante una revisione dei rettili marini del museo da parte degli autori della ricerca, avevano notato che il reperto presentava diverse caratteristiche inusuali: le piccole vertebre, gli elementi del bacino e gli osteodermi (ossia gli 'scudì ossei tipici dei coccodrilli e dei loro simili) dell'esemplare apparivano infatti raggruppati in un'unica massa e molto sovrapposti tra loro. Era altamente improbabile, secondo i ricercatori, che quella particolare conformazione fosse il risultato di processi fisici avvenuti nell'ambiente in cui i resti si erano fossilizzati, ossia un mare abbastanza profondo e con un fondale non interessato da correnti. Era invece è molto più plausibile che il reperto fosse una massa di elementi scheletrici passati dal canale alimentare di un altro animale. Analisi geochimiche e microstrutturali condotte al microscopio elettronico su campioni di matrice e osso estratti dall'esemplare hanno confermato questa ipotesi.

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Il Gazzettino