Una ricercatrice esempio classico di cervello in fuga, una malattia infida come la Sla, una serie di cimeli che raccontano mezzo secolo del Grande Sport mondiale. Un filo rosso...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
LA SFIDA
Ecco che gli argomenti dell'inizio apparentemente alieni l'uno all'altro si saldano: Gazzola, che nella sua vita è venuto a contatto con i più grandi campioni dello sport della nostra epoca, ha deciso di mettere all'asta cimeli senza prezzo per finanziare il progetto Un cervello per la Sla, da lui stesso voluto per riportare in Italia (all'Università di Padova) una ricercatrice considerata una delle studiose più qualificate nello studio di questa sindrome. «Un'idea che mi è venuta parlando con lo staff del professor Maurizio Corbetta, direttore del Dipartimento universitario di Neuroscienze - spiega Gazzola - e in particolare con i medici Gianni Sorarù e Stefania Lelli, che più direttamente seguono il caso di mia moglie. E mi è piaciuta l'idea di non dare genericamente fondi per la lotta alla Sla ma di vincolare tutto a un progetto ben preciso, quello di far rientrare in Veneto uno dei nostri ricercatori più apprezzati».
OPERAZIONE RACCOLTA FONDI
L'Associazione Asla di Veggiano (Padova) è la partner di questa operazione in sinergia con l'azienda ospedaliera Università di Padova: servono 150mila euro per rendere operativo il progetto. «Siamo partiti bene - osserva Gazzola - coinvolgendo alcuni amici imprenditori siamo a quota 28 mila euro e ci sono già le condizioni per il rientro della studiosa. Continuerò a interpellare le aziende con cui ho collaborato nel corso della mia attività, ma non mi fermo qui. I fondi da mettere assieme non sono pochi e ho pensato di mettere all'asta i pezzi che ho raccolto in oltre 40 anni di lavoro fianco a fianco con i grandi dello sport mondiale».
SUI CAMPI DA SCI
E qui bisogna fare un passo indietro per cercare di definire chi è Antonio Gazzola. Partito dal nulla da Contea di Montebelluna, esempio della generazione di imprenditori che ha creato il distretto della scarpa sportiva riferimento mondiale del settore dagli anni 60, è nato come skiman e dal 71 è stato uno degli uomini d'oro dello sci internazionale, conteso dai big per la sua capacità di far correre gli sci. Campionissimi come Ingemar Stenmark e Gustav Thoeni, per dire, si affidavano a lui, che pure è stato al fianco di Pierino Gros e degli altri assi della mitica Valanga Azzurra. Dagli anni 80 si è messo in gioco mischia con una sua azienda ed è diventato il guru delle calzature su misura, l'uomo che nel passa parola tra gli Dei dello sport mondiale era quello che risolveva i problemi: loro mettevano i pregiati piedi su un foglio di carta e lui creava le scarpe perfette, come testimoniano le lettere in ogni lingua che poi gli scrivevano per ringraziarlo dopo un gol nella finale di Coppa Campioni o la vittoria a Wimbledon.
IL GOTHA DELLO SPORT
Qualche nome? I ciclisti Gianni Bugno e Luc Leblanc; i tennisti Pete Sampras, Pat Cash, Goran Ivanisevic, Monica Seles; i calciatori Francesco Totti, Pippo Inzaghi, Ronaldo (non Cristiano ma l'ex asso brasiliano dell'Inter); i cestisti Dino Meneghin, Bob Morse, Mike D'Antoni fino al mito Drazen Petrovic, il diavolo di Sebenico. Ma Antonio Gazzola continua a resta sulla breccia: dei suoi suggerimenti ha recentemente beneficiato, per dire, anche la campionessa paralimpica veneziana Bebe Vio. Che non a caso è diventata una supporter del progetto Un cervello per la Sla, che la mitica Bebe promuove in un bel video così come fa un altro grande personaggio quale Alex Zanardi. «Nella mia vita ho conosciuto tante persone che oggi possono darmi una mano in questa iniziativa: imprenditori italiani e stranieri (è uno dei pochi al mondo che può alzare il telefono e chiamare Mark Parker, boss della Nike, ndr), grandi campioni, personaggi speciali. Busserò alla loro porta perchè stiano tutti in questa grande squadra contro la Sla». Ultimamente si è specializzato anche come portafortuna: Sofia Goggia, ad esempio, lo vorrebbe sempre a bordo pista quando gareggia. Conoscenze tecniche, determinazione e anche un po' di buona sorte: per battere la Sla serve tutto. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino