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CHIOGGIA - Nel dialetto chioggiotto, "sacrare" non significa affatto "consacrare", nel senso di rendere degno di venerazione, così come sarebbe in Italiano. Nell'antico idioma veneto locale "sacrare" sta infatti per "rovinare, distruggere, destinare al peggio".
Di primo acchito, si potrebbe pensare ad una forma seppur vagamente blasfema. In realtà, a Chioggia, il verbo "sacrare" conserva il significato quasi sempre negativo che esso ebbe nel Latino parlato e scritto, all'epoca della Repubblica dell'Impero. L'aggettivo "sacer", in Latino è a tutti gli effetti una "vox media" con il significato che varia a seconda del contesto, da "venerabile" al suo opposto.
Tutto questo è confermato dallo storico e latinista Luciano Bellemo, per lunghi anni docente e preside. Va da sé che qualora un chioggiotto reduce da incidente dica di ritrovarsi con una gamba "sacra'", semplicemente ammette di non riuscire in alcun modo ad immaginare quando e se potrà riprendersi dall'infortunio. Considerazioni analoghe per il termine plurale "sacramenti". A Chioggia, insomma, "liberarsi dei sacramenti", con la esse rigorosamente minuscola, non sottintende affatto un'azione irrispettosa e blasfema. Significa semplicemente «sbarazzarsi di oggetti vecchi, inutili ed anche pericolosi». Le accezioni delle parole derivanti da sacer suonano positive quasi esclusivamente quando si riferiscono esplicitamente al sublime ed all'inviolabile. Il significato generico chioggiotto di tali termini dal doppio significato rispecchia anche l'uso che ne fecero alcuni tra i più celebri autori classici. Virgilio, ad esempio, definisce "auri sacra fames", l' esecrabile fame di oro, intesa come voglia di ricchezza smodata ed immeritata. Per dire "grandi dèi, che libro terribile e infame", Catullo scriveva, invece, "Di magni, horribilem et sacrum libellum". Da tutto questo, curiosamente, ne consegue che i chioggiotti siano meno propensi alla blasfemia rispetto a quanto non sembri.
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