Chiara, il soprano bellunese vola alla Scala: «Meraviglioso essere nel cast stellare del Macbeth»

Chiara Isotton, soprano bellunese di 36 anni
BELLUNO - Vocalizzi, vestaglia, trucco. E poi dietro le quinte un Viva Verdi mormorato tra sé e sé e si va in scena. Cercando di non pensare ai milioni di occhi e di...

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BELLUNO - Vocalizzi, vestaglia, trucco. E poi dietro le quinte un Viva Verdi mormorato tra sé e sé e si va in scena. Cercando di non pensare ai milioni di occhi e di orecchie collegati. Chiara Isotton sarà su quel palcoscenico, accanto alla super diva Anna Netrebko, per la prima in assoluto. Quella del 7 dicembre al Teatro alla Scala. Il soprano bellunese, 36 anni, sarà la Dama di Lady Macbeth nell'opera che inaugura la stagione di Sant'Ambrogio. «Una delle più grandi fortune della mia vita».


Milano per molti anni è stata la sua casa. Allieva dell'Accademia della Scala qui ha mosso i primi passi. Fino alla pandemia. «Ho trascorso mesi chiusa in un miniappartamento». Poi ha deciso di trasferirsi a Firenze, in una soffitta che fa molto Bohème. Ma il cuore resta sulle Dolomiti, dove ha scoperto il talento, dove ha iniziato gli studi e dove oggi abita ancora la sua famiglia. Dopo due anni frastagliati, reduce dagli importanti successi di Tosca, ecco la grande occasione. Dal 25 ottobre sono iniziate le prove a Milano con il direttore Riccardo Chailly e con il regista Davide Livermore.

Ora la tensione sarà molto alta...
«La prima alla Scala è un evento mondiale e quindi la tensione e l'emozione è più che giustificata. La cosa bella è che la presenza del pubblico rende concreto un lavoro di squadra eccezionale. Negli ultimi giorni, con l'anteprima e la generale ho iniziato a realizzare di far parte di una cosa grandissima, di un cast strepitoso, di essere in una situazione meravigliosa».

Studi a Belluno, poi al Benedetto Marcello di Venezia, e poi l'esperienza fondamentale di essere entrata all'Accademia della Scala.
«Il mio legame con questo teatro si conferma speciale. E non potrò mai ringraziare a sufficienza il destino, o gli incontri, e i miei docenti. La Scala continua a credere in me. Questo debutto è la conferma di un percorso. Farò di tutto per non deluderli».

Che Macbeth si ascolterà?
«Un Macbeth con integrazioni. Sono felicissima che abbiano integrato il frammento della morte di Macbeth che di solito non si esegue. E adoro anche i ballabili che a volte vengono tolti».

Come ci si muove in un cast stellare come quello di cui fa parte?
«Ho già avuto la fortuna di poter lavorare con Luca (Salsi) e Francesco (Meli) in una tosca a Piacenza. Ildar (Abdrazadov) è un professionista grandissimo e un uomo di raro fascino».

E Anna Netrebko, il più grande soprano vivente?
«È la star che conosciamo: una leonessa in palcoscenico, una cantante che è già nella storia. Quello che vorrei dire è che è un donna eccezionale e non è così scontato. Ha una buona parola per tutti, anche per me. Mi ha detto delle cose molto belle, ha una bellissima energia e questo fa tanto in palcoscenico, il suo amore per la musica è contagioso».

Come ha vissuto nell'ultimo mese e mezzo?
«Vita di clausura ovviamente! Personalmente quando lavoro già sono casa-teatro, ma data la situazione il teatro ci ha chiesto di mantenere dei comportamenti responsabili. C'è stata grandissima attenzione, continui tamponi, mascherine fino agli assiemi. Dobbiamo davvero un plauso al teatro. Siamo in centinaia, non è facile gestire tutte queste masse artistiche».

Le recite finiscono il 29 dicembre. Cosa prevede il suo 2022?
«La prima tappa è a Vilnius, dove canterò il Requiem di Verdi. Poi sarò a Berlino per uno spettacolo dedicato a Maria Callas con Marina Abramovic. Quindi andrò a Palermo, dove debutterò al Teatro Massimo in Tosca e poi sarò a Marsiglia per Don Carlos».

La impensierisce la mondanità legata alla prima?


«Fa parte dell'evento, ed è bello che un'opera riesca a richiamare una così grande attenzione intorno a sé. Poi quest'anno, data la situazione, il ricevimento è stato annullato. Ma non mancherà il coté mondano: l'arte sottile di vedere ed essere visti. Viviamo tempi di incertezza, la magia del rito del 7 dicembre è intatta».
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Il Gazzettino