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SANTA MARIA DI SALA - Generalmente ci sono due tipi di sindaco di paese: il tecnico e il passionale. Il primo conosce ogni minimo ingranaggio della macchina amministrativa, la burocrazia gli scorre nelle vene come sangue e ha l'esperienza politica giusta per rimanere in sella (quasi) in ogni situazione, allontanando le crisi a colpi di compromessi e mediazione. Il secondo, invece, conosce uno per uno i suoi concittadini, li ascolta in lunghe sessioni sfogatoio al mercato, risolve i piccoli problemi con la presenza e l'attenzione al particolare, trasmette quell'empatia capace di trasformare gli elettori in amici. Santa Maria di Sala, pur essendo la seconda area industriale del Veneziano dopo Marghera, rimane pur sempre una realtà locale più simile al paese che alla città, al di là dei titoli istituzionali. Se nella prima categoria di sindaci possiamo inserire sicuramente Ugo Zamengo, la seconda a Nicola Fragomeni cade come un abito nuziale. Due modi di interpretare il ruolo, distanti ma complementari: non a caso i due hanno praticamente sempre fatto coppia nell'amministrare il Comune, cuore pulsante del graticolato romano del Miranese: quando il primo cittadino era Zamengo, Fragomeni era il suo vice. Quando lo era Fragomeni, Zamengo faceva il presidente del Consiglio: stessa squadra, stesso (più o meno) percorso politico.
IL PASSIONALE
Nicola Fragomeni è un verace. Politicamente, è un discendente della dinastia forzista di Renato Chisso. Al governo spesso con la Lega, ma senza mai fraternizzare troppo con il partito del Carroccio, tanto da candidarsi anche contro Zaia con Indipendenza Veneta (lui, originario della Calabria) per una sporadica tornata elettorale regionale e poi tornare nella sua comfort zone, il bianco centrismo. Un bianco che si è tinto di fucsia nell'ultimo anno, quando è diventato il responsabile mandamentale di Coraggio Italia. Una scelta non casuale, quella del fondatore del partito e sindaco di Venezia Luigi Brugnaro: Nicola Fragomeni sulla carta d'identità, alla voce segni particolari potrebbe vantare un participio passato ben poco comune tra amministratori e politici, amato.
IL TECNICO
L'altra faccia della medaglia è Zamengo. Ingegnere, preparato, vecchia volpe della politica locale. Nei primi anni duemila fu tra i primi a varare il ribaltone: da sindaco di centrodestra, infatti, andò a governare con la Margherita lasciando con un cerino in mano da 2% i Ds. Un capolavoro che gli permise di avere una maggioranza larga e un'opposizione fragile.
Un giochetto che non riuscì a replicare con un secondo mandato. Probabilmente, quello fu il suo più grave errore politico: nel 2006 in consiglio comunale arrivò un'osservazione da parte dell'azienda agricola Mazzacavallo, vicina alla casa dello stesso sindaco, che chiedeva un ampliamento di 119.800 metri cubi. A questa richiesta Zamengo votò contro mentre l'opposizione votò a favore. Il comportamento di Zamengo allora venne bollato come abuso d'ufficio e per questo fu denunciato. Da qui l'inchiesta, poi risolta con un'assoluzione ad anni di distanza. Il caso, però, e la battaglia serrata che gli fece allora la Coldiretti, lo portarono a perdere delle elezioni che aveva saldamente in pugno per appena 18 voti. Questa volta, se le accuse dovessero essere confermate, le conseguenze potrebbero essere decisamente peggiori. Zamengo (passato anche lui a Coraggio Italia) aveva cresciuto sotto la sua ala Fragomeni, coltivando le sue ambizioni prima facendolo vicesindaco e poi designandolo come suo successore. Passando il testimone, non si aspettava forse che l'allievo arrivasse a superare il maestro.
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Il Gazzettino