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PORDENONE - Sono costati cari, molto, i controlli effettuati l’8 giugno scorso all’interno del centro islamico della Comina, luogo di preghiera e di ritrovo per centinaia di musulmani che vivono nel pordenonese, ma non solo. La mancanza di sicurezza evidenziata, come le carenze igieniche e sanitarie hanno fatto scattare una “multa” di circa 60mila euro che i soci dell’associazione dovranno pagare, oltre ai soldi necessari per mettere in regola lo stabile che è stato chiuso con un’ordinanza comunale il primo luglio scorso. Da quanto appreso il denaro per i lavori sarebbe già stato trovato grazie alla generosità di alcuni soci o, comunque, frequentatori del luogo di preghiera. Un’impresa edile della provincia di Udine è già al lavoro e intanto è stato installato un tendone all’esterno del centro islamico in attesa che le porte si possano riaprire. All’alba del’8 giugno scorso, i agenti della Polizia di Stato, della Polizia locale, Vigili del fuoco, personale dell’Azienda sanitaria e dell’ispettorato del lavoro avevano effettuato dei controlli dai quali erano emerse diffuse criticità: dall’assenza di documentazione per l’utilizzo a fini scolastici alle mancanze per la prevenzione incendi fino a muffa e umidità nelle pareti, sporco pregresso nei piani di lavoro, nel frigorifero e nel congenatore, pentolame stoccato per terra per quanto riguarda il locale adibito a cucina. Motivi che avevano fatto scattare la chiusura del centro islamico.
LA PREGHIERA
In tutto questo c’è un’altra novità che fotografa chiaramente la spaccatura tra le due anime del centro islamico.
LA SPACCATURA
Due luoghi di preghiera e due comunità che continuano a essere divise sul tema ormai incandescente delle votazioni per un nuovo direttivo, passo che permetterebbe l’iscrizione di nuovi “soci” nell’associazione che ora, invece, si trovano le porte chiuse. E, da quanto appreso, sembra aprirsi una spaccatura anche all’interno di due importanti comunità: quella del Bangladesh e quella del Pakistan. Ma questa è un’altra storia.
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Il Gazzettino