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PADOVA «La signora ha avuto un infarto, questa notte la teniamo ricoverata. Speriamo riesca ad arrivare a domani mattina...». È il 29 marzo 2019, un anno prima che in Veneto esploda l'emergenza Coronavirus. Ida Zoccarato, una delle donne più longeve d'Italia, ha appena accusato un attacco di cuore e la geriatra dell'ospedale guarda il figlio allargando le braccia: «Vista l'età, la situazione è molto delicata. Faremo il possibile». Oggi nonna Ida è ancora qui. Ha 111 anni, è seduta in cucina nella sua casa di Padova e non solo ha superato l'infarto: ha pure sconfitto il più temuto dei virus. A mezzogiorno in punto mangia un piatto di cotechino con le verze mentre il figlio la guarda con gli occhi colmi di orgoglio: «È una vera forza della natura».
Da quel giorno di marzo 2019 è successo di tutto. La signora Ida ha fatto in tempo a superare i problemi cardiaci, festeggiare altri due compleanni, imbattersi nell'incubo del Covid e guarire ancora una volta. Già, perché un mese fa questa donna sensazionale è risultata positiva assieme al figlio e alla badante ma ancora una volta è riuscita a farcela. Il 19 novembre le è stato riscontrato il virus, venerdì scorso è arrivato il tampone negativo. Il suo segreto? «Una vita passata a coltivare i campi e a mangiare bene - sorride il figlio Pietro -. Dalla pastasciutta con le zucchine al baccalà mantecato, non si fa mancare niente. E se la sera fa un po' di fatica a digerire, nessun problema. Al massimo mi chiede un caffè con un goccio di grappa».
LE GUERRE
Ida è nata nel 1909.
«Da giovane ha vissuto a Perarolo di Vigonza coltivando otto campi, si è sempre data un gran da fare con l'agricoltura - racconta il figlio, che di anni ne ha 77 -. Nel 1964 si è trasferita a Padova, nella località di Ponte di Brenta. Oggi è ancora qui. La sua è una storia straordinaria». Cinque anni fa, il giorno delle 106 candeline, i familiari andarono addirittura a prenderla con una scintillante limousine per farle una grande festa e portarla a Vicenza a mangiare il suo adorato baccalà. «Fino a pochi anni fa si faceva da mangiare da sola e usciva per andare dalla parrucchiera a farsi la messa in piega - prosegue il figlio -. Ora non riesce più a muoversi, ma è ancora lucida. Tutte le mattine quando vado a svegliarla mi dice buongiorno e quando facciamo le videochiamate i suoi occhi si illuminano perché riconosce subito i suoi nipoti».
IL TAMPONE
In 111 anni di vita Ida aveva visto i dottori pochissime volte. Poi, nel giro di un anno e mezzo, il doppio terribile problema di salute. Prima l'infarto, il ricovero lungo una settimana all'ospedale di Padova e le dimissioni che sembravano già un vero miracolo. Poi il contagio legato al Covid, con quegli infermieri vestiti da astronauti (le unità speciali messe in campo per l'assistenza a domicilio) che le entrano in casa per farle il tampone e misurarle ossigeno e pressione.
I TIMORI
«Probabilmente lei non si è resa conto di nulla, anche se guardava stranita questi infermieri bardati dalla testa ai piedi - ricorda Pietro -. Noi invece abbiamo avuto moltissima paura soprattutto quando la sua badante è stata ricoverata. Mamma Ida non ha mai avuto sintomi gravi ma aveva la tosse. Temevamo potesse essere la fine perché a quell'età è un attimo prendersi una broncopolmonite, invece con un po' di sciroppo sedativo se l'è cavata. I medici ci hanno detto che scoppia di salute. Intanto c'è sempre una cosa che la incanta: guardare in tv il pattinaggio artistico».
Quando è risultata positiva il sindaco Giordani le ha inviato un grande mazzo di fiori: «È uno dei simboli di una Padova tenace che non si arrende». A prendersi cura di lei ci sono anche la figlia Eda, 81 anni, e la badante Dali. Quest'ultima assiste all'intervista, sorride e interviene: «Vorrei ringraziare i medici che mi hanno ricoverato al decimo piano dell'ospedale di Padova. Mi hanno salvato la vita». Nonna Ida, invece, non ha avuto nemmeno bisogno di essere ricoverata. «Meglio così - chiude il figlio -. Dopo l'infarto, nel suo letto di ospedale gli infermieri le portavano il frullato ma lei storceva il naso. Voleva la pastasciutta».
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Il Gazzettino