Ida, una roccia di 111 anni che dopo l'infarto ha battuto anche il virus

Martedì 15 Dicembre 2020 di Gabriele Pipia
Ida, una roccia di 111 anni che dopo l'infarto ha battuto anche il virus

PADOVA «La signora ha avuto un infarto, questa notte la teniamo ricoverata. Speriamo riesca ad arrivare a domani mattina...». È il 29 marzo 2019, un anno prima che in Veneto esploda l'emergenza Coronavirus. Ida Zoccarato, una delle donne più longeve d'Italia, ha appena accusato un attacco di cuore e la geriatra dell'ospedale guarda il figlio allargando le braccia: «Vista l'età, la situazione è molto delicata. Faremo il possibile». Oggi nonna Ida è ancora qui. Ha 111 anni, è seduta in cucina nella sua casa di Padova e non solo ha superato l'infarto: ha pure sconfitto il più temuto dei virus. A mezzogiorno in punto mangia un piatto di cotechino con le verze mentre il figlio la guarda con gli occhi colmi di orgoglio: «È una vera forza della natura».
Da quel giorno di marzo 2019 è successo di tutto. La signora Ida ha fatto in tempo a superare i problemi cardiaci, festeggiare altri due compleanni, imbattersi nell'incubo del Covid e guarire ancora una volta.

Già, perché un mese fa questa donna sensazionale è risultata positiva assieme al figlio e alla badante ma ancora una volta è riuscita a farcela. Il 19 novembre le è stato riscontrato il virus, venerdì scorso è arrivato il tampone negativo. Il suo segreto? «Una vita passata a coltivare i campi e a mangiare bene - sorride il figlio Pietro -. Dalla pastasciutta con le zucchine al baccalà mantecato, non si fa mancare niente. E se la sera fa un po' di fatica a digerire, nessun problema. Al massimo mi chiede un caffè con un goccio di grappa». 


LE GUERRE

Ida è nata nel 1909. Il 24 maggio 1915, il giorno che compiva sei anni, l'Italia entrava formalmente in guerra. Ne aveva dieci quando, un secolo prima del Covid, scoppiò la pandemia della Spagnola. Di guerra ne ha poi vissuta un'altra che l'ha segnata per sempre: il marito Mario, prigioniero in Germania, morì nel 1944. Ida ha poi visto la caduta del regime fascista, il passaggio della Monarchia alla Repubblica, il boom economico e gli anni di piombo.


«Da giovane ha vissuto a Perarolo di Vigonza coltivando otto campi, si è sempre data un gran da fare con l'agricoltura - racconta il figlio, che di anni ne ha 77 -. Nel 1964 si è trasferita a Padova, nella località di Ponte di Brenta. Oggi è ancora qui. La sua è una storia straordinaria». Cinque anni fa, il giorno delle 106 candeline, i familiari andarono addirittura a prenderla con una scintillante limousine per farle una grande festa e portarla a Vicenza a mangiare il suo adorato baccalà. «Fino a pochi anni fa si faceva da mangiare da sola e usciva per andare dalla parrucchiera a farsi la messa in piega - prosegue il figlio -. Ora non riesce più a muoversi, ma è ancora lucida. Tutte le mattine quando vado a svegliarla mi dice buongiorno e quando facciamo le videochiamate i suoi occhi si illuminano perché riconosce subito i suoi nipoti». 


IL TAMPONE

In 111 anni di vita Ida aveva visto i dottori pochissime volte. Poi, nel giro di un anno e mezzo, il doppio terribile problema di salute. Prima l'infarto, il ricovero lungo una settimana all'ospedale di Padova e le dimissioni che sembravano già un vero miracolo. Poi il contagio legato al Covid, con quegli infermieri vestiti da astronauti (le unità speciali messe in campo per l'assistenza a domicilio) che le entrano in casa per farle il tampone e misurarle ossigeno e pressione. 


I TIMORI

«Probabilmente lei non si è resa conto di nulla, anche se guardava stranita questi infermieri bardati dalla testa ai piedi - ricorda Pietro -. Noi invece abbiamo avuto moltissima paura soprattutto quando la sua badante è stata ricoverata. Mamma Ida non ha mai avuto sintomi gravi ma aveva la tosse. Temevamo potesse essere la fine perché a quell'età è un attimo prendersi una broncopolmonite, invece con un po' di sciroppo sedativo se l'è cavata. I medici ci hanno detto che scoppia di salute. Intanto c'è sempre una cosa che la incanta: guardare in tv il pattinaggio artistico». 
Quando è risultata positiva il sindaco Giordani le ha inviato un grande mazzo di fiori: «È uno dei simboli di una Padova tenace che non si arrende». A prendersi cura di lei ci sono anche la figlia Eda, 81 anni, e la badante Dali. Quest'ultima assiste all'intervista, sorride e interviene: «Vorrei ringraziare i medici che mi hanno ricoverato al decimo piano dell'ospedale di Padova. Mi hanno salvato la vita». Nonna Ida, invece, non ha avuto nemmeno bisogno di essere ricoverata. «Meglio così - chiude il figlio -. Dopo l'infarto, nel suo letto di ospedale gli infermieri le portavano il frullato ma lei storceva il naso. Voleva la pastasciutta». 
 

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