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TREVISO - Prima il bacio di Rodin, poi i preziosi gessi del Canova. La Fontana delle tette, vittima illustre e, infine, due pezzi del museo di Santa Caterina. Catone l'algoritmo colpisce ancora: l'illustratore posta un simbolo antico assimilabile a una svastica e un fallo alato. E Instagram banna le immagini perché ambigue. Certo il social network non è programmato per valutazioni di merito, e non coglie differenza tra opera d'arte e apologia o pornografia. In sostanza qualche giorno fa l'illustratore Andrea Lorenzon, che come tanti trevigiani (4.100 per l'esattezza) ha approfittato dei giorni gratuiti per visitare il museo di Santa Caterina e dopo il tour ha postato fra le storie del suo profilo Instagram alcune fotografie. A quel punto è accaduto il curioso fatto.
IL VETO
Due in particolare hanno attirato l'attenzione dell'algoritmo: un particolare pavimento con una corona di alloro e un simbolo al centro che richiama una svastica, e un bronzetto che ricorda un fallo alato.
LA BATTAGLIA
Chiarito l'equivoco, Il bacio fu riabilitato. Ma, neppure due anni dopo, furono i fragili gessi canoviani ad incorrere negli strali di Facebook. «Da diverso tempo non sono visibili i contenuti pubblicati con l'hashtag #antoniocanova avevano fatto sapere dalla gipsoteca. Il nostro profilo Instagram ne risulta penalizzato, ma non è questo al centro della nostra polemica. Il problema è come un algoritmo possa decidere cosa debba essere censurato. Ciò ci fa riflettere su come gli algoritmi alla base dei diversi social influiscano sull'attenzione che diamo o meno verso i più disparati argomenti. Riteniamo che l'arte tutta non debba essere censurata. No, non riusciremo ad influire su un algoritmo ma almeno speriamo di coltivare un po' di sano senso critico». E così partì la campagna #freeCanova per liberare le statue del celebre scultore dalle grinfie dei social.
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