TREVISO - Prima il bacio di Rodin, poi i preziosi gessi del Canova.
IL VETO
Due in particolare hanno attirato l'attenzione dell'algoritmo: un particolare pavimento con una corona di alloro e un simbolo al centro che richiama una svastica, e un bronzetto che ricorda un fallo alato. Così il social ha rimosso le immagini. Stupore e irritazione da parte del museo, ma il protocollo dei social non è nuovo a trovate del genere. Era l'ottobre 2017 quando Facebook censurò la statua de Il bacio di Rodin scelta come immagine della mostra organizzata da Marco Goldin a Treviso. Mostra eccessivamente il corpo o presenta contenuti allusivi spiegava il social network nella nota automatica inviata agli organizzatori suggerendo di Utilizzare contenuti che si concentrano sul prodotto o servizio, evitando allusioni di natura sessuale.«Più prodotto di così rispondeva il responsabile di Linea d'Ombra, Marco Goldin. Può un'immagine simbolo della storia dell'arte, vera e propria icona della bellezza senza tempo, essere paragonata a una qualsiasi immagine di carattere sessualmente esplicito? In una rete internet invasa da contenuti di orribile pornografia vogliamo davvero equiparare i nudi rinascimentali o in questo caso Il bacio di Rodin a certe altre immagini che invece circolano liberamente? È certamente il caso di riflettere sul fatto che l'arte, nei suoi esiti alti, proponga il canone della bellezza universale che nulla ha a che fare con la contingenza dell'allusione di natura sessuale».
LA BATTAGLIA
Chiarito l'equivoco, Il bacio fu riabilitato. Ma, neppure due anni dopo, furono i fragili gessi canoviani ad incorrere negli strali di Facebook. «Da diverso tempo non sono visibili i contenuti pubblicati con l'hashtag #antoniocanova avevano fatto sapere dalla gipsoteca. Il nostro profilo Instagram ne risulta penalizzato, ma non è questo al centro della nostra polemica. Il problema è come un algoritmo possa decidere cosa debba essere censurato. Ciò ci fa riflettere su come gli algoritmi alla base dei diversi social influiscano sull'attenzione che diamo o meno verso i più disparati argomenti. Riteniamo che l'arte tutta non debba essere censurata. No, non riusciremo ad influire su un algoritmo ma almeno speriamo di coltivare un po' di sano senso critico». E così partì la campagna #freeCanova per liberare le statue del celebre scultore dalle grinfie dei social.