GUARDA VENETA - Canne in canonica, con un catechista finito nei guai, insieme a cinque ragazzi, quattro dei quali minorenni, ritenuti essere i “fornitori” di...
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SPINELLI ALLA FERMATA
Un consumo preoccupante vista l’età che è poi stato scoperto da alcuni genitori facendo venire a galla la questione a inizio 2015, interessando anche l’allora vescovo Lucio Soravito de Franceschi, nonché la Questura, e dando quindi il via alle indagini della Squadra mobile rodigina. Attraverso gli interrogatori e con l’intreccio dei tabulati telefonici, la polizia è riuscita a ricostruire una sorta di “geografia” della compravendita di marijuana che veniva acquistata dopo aver fatto “colletta” e poi consumata dalle sette giovani ragazze della parrocchia di Guarda, anche nel cortiletto antistante la canonica.
Quattro giovani, ritenuti essere fra i venditori, non avendo all’epoca ancora compiuto 18 anni, sono stati denunciati alla Procura per i minori di Venezia. Uno, invece, appena maggiorenne, Amirs Martins, di origini lettoni, oggi 23enne, difeso dall’avvocato Canzio Bonatti, è finito all’attenzione della Procura rodigina e ieri è stato rinviato a giudizio per l’ipotesi di reato di cessione di sostanze stupefacenti a minori.
IL CATECHISTA
La stessa accusa è stata formulata anche a carico del catechista, Andrea Dolfini, perché sarebbe stato ricostruito, sulla base dei racconti delle ragazzine, un episodio in cui avrebbe consegnato loro un pacchettino dicendo che si trattava di droga, mentre in realtà, come poi avrebbe chiarito, era solo tabacco. Per questo anche lui dovrà rispondere in processo dell’ipotesi formulata dalla Procura di aver procurato, offerto o consegnato sostanza stupefacente a minori. Per la difesa, affidata all’avvocato Monica Pedriali si tratterebbe di un equivoco: in realtà la sostanza consegnata era semplice tabacco, e questo risulterebbe anche dalle dichiarazioni delle “consumatrici” che hanno parlato di una sostanza marroncina che non avrebbe dato loro alcun effetto.
Il catechista deve rispondere anche di agevolazione dell’uso di sostanze stupefacenti. Secondo l’accusa avrebbe adibito la canonica di cui aveva la disponibilità a luogo di convegno abituale per l’uso di marijuana. Una ricostruzione contestata dalla difesa: «Aveva le chiavi – spiega l’avvocato Pedriali - di una stanza dove nessuno ha mai fumato niente, mentre sembrerebbe essere avvenuto nel cortile, che allora era sempre aperto». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino