Battaglia legale contro la Msc: «Infarto in crociera, mi hanno resa invalida»

Battaglia legale contro la Msc: «Infarto in crociera, mi hanno resa invalida»
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CASTELFRANCO - Doveva essere un’esperienza unica. Una crociera assieme alla nipotina di 5 anni tra le isole greche per arrivare fino a Istanbul. Ma per Roberta, che oggi ha 58 anni e vive in un comune della castellana, quel viaggio tanto desiderato ha decretato la fine della sua serenità. E un radicale stravolgimento della sua vita. Un infarto, che ha poi portato a un processo il comandante della nave e il medico di bordo per l’accusa di lesioni gravissime in concorso, l’ha costretta a un trapianto di cuore a cui sono seguiti la perdita del lavoro, la limitazione degli spostamenti in auto, i controlli medici continui (a spese sue), l’invalidità del 100% (ora vive con una pensione di mille euro con accompagnatoria, ndr) e la battaglia legale per avere giustizia. «Non posso più fare niente - dice Roberta - Prendo 30 medicine al giorno e sono seguita a livello psicologico e posso guidare soltanto per dieci chilometri e a non più di 60 chilometri all’ora. Per non parlare dei dolori e del senso di impotenza di fronte a quello che mi è capitato. Vorrei solo giustizia: se sono ridotta così è per come sono stata trattata».



I FATTI
Roberta aveva 53 anni quando, nel 2015, assieme alla sua nipotina di 5 era partita da Venezia per una crociera con la Msc. Doveva visitare Olimpia, Efeso, Istanbul, e poi al ritorno Dubrovnik. Non ha visto nulla. Il 28 agosto, all’una di notte, mentre la nave si trovava in pieno Adriatico, il malore: «Sentivo che qualcosa non andava, pensavo fosse stato il cibo - racconta - Poi però ho sentito un forte bruciore ai polmoni. Così ho chiamato la reception e ho chiesto aiuto. Mi sono seduta sul letto ad aspettare, poi ho perso i sensi». In quel lasso di tempo la signora era semicosciente. Di certo è intervenuto il medico di bordo e, al mattino, è stata fatta scendere nel primo porto disponibile, a Monemvasia. Quello che è successo nel mentre lo riporta il capo d’accusa della Procura di Napoli: «Medico e comandante non hanno adempiuto al protocollo», e in particolare, «nonostante i sintomi di un infarto in atto, il medico avvisava il comandante alle 7 del mattino» dopo che la diagnosi sarebbe stata di un aneurisma. 

IL RACCONTO
«Ricordo che mi hanno portato a terra su una barchetta - continua Roberta - Non sapevo nemmeno dove fosse mia nipote. In quel pronto soccorso a terra non c’erano medici e strutture che potessero curarmi. Così, dopo 9 ore, mi hanno portato in ambulanza ad Atene dove sono arrivata alla sera e mia nipote è stata affidata a un tassista greco, che poteva essere chiunque». Nella capitale, Roberta, che è stata ricoverata in terapia intensiva, è stata letteralmente strappata alla morte, viste le condizioni di salute in cui versava. Ma la contestazione mossa nella denuncia riguarda il trattamento che ha subito in nave. «Dovevano chiamare l’elisoccorso: quando mi hanno sbarcato a Monemvasia ero in codice rosso» continua Roberta, che aggiunge: «Mi hanno scalato 766 euro dalla carta di credito per l’intervento del medico e il trasporto a terra». La 58enne è rimasta nell’ospedale di Atene fino al 15 settembre, accudita dalla figlia che nel frattempo era partita dall’Italia per raggiungere la Grecia. «Nel periodo di ricovero sono sempre stata seguita a distanza dai medici dell’ospedale di Castelfranco Veneto, che tenevano monitorata la mia situazione - ricorda - Appena è stato possibile sono tornata a casa: per me era già pronto un letto all’ospedale di Castelfranco Veneto».

LA TRAFILA
Tornata a Castelfranco, i sanitari hanno preso in cura Roberta. Ma il suo cuore non era più in grado di reggere: le erano stati applicati quattro stent di vecchia generazione che lo avevano indebolito ancora di più. Così è stata inserita nella lista trapianti, al primo posto. La notte tra il 2 e 3 novembre c’è stato l’intervento a Verona. Il trapianto è stato eseguito con successo, ma sono sorte alcune complicazioni. Dopo oltre un anno di fisioterapia, a cui sono seguiti controlli settimanali ora diventati mensili, Roberta è stata dichiarata invalida al 100%. Ma intanto ha perso tutto. Nel frattempo i familiari avevano sporto denuncia contro la Msc,. Procedimento che è stato incardinato a Napoli per competenza. Seguita dall’avvocato barese Giuseppe Modesti, la famiglia di Roberta ha ottenuto il rinvio a giudizio per lesioni gravissime del comandante della nave e del medico di bordo. Ed è a questo punto che la macchina della giustizia ha fatto infuriare Roberta: il procedimento penale, dopo varie eccezioni sollevate dai legali degli imputati, è stato spostato a Treviso per competenza territoriale. Ma proprio a Treviso è accaduto l’inaspettato: la Msc su cui era imbarcata Roberta all’epoca batteva bandiera panamense.

Motivo per cui, trattandosi di un paese straniero, il procedimento è stato nuovamente trasferito, stavolta a Roma. Ma la prescrizione incombe, e il l’avvocato Modesti ha già scritto al procuratore capo di Roma per illustrare la vicenda. Non è ancora arrivata una risposta. «Temo che il processo penale si chiuda con un nulla di fatto - conclude Roberta - ma questa non è giustizia. Voglio che la gente sappia cosa mi è accaduto, così che possa fare le proprie valutazione prima di salire su una nave. Di certo, finché avrò forza, mi batterò. Stiamo già preparando una causa civile».
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Il Gazzettino