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CASTELFRANCO VENETO - «È una ferita che si riapre, per di più dopo così tanti anni in cui aspettavamo fosse fatta giustizia». È il commento, amaro, dei familiari della 40enne di Castelfranco Veneto (il marito e i due figli, che si erano costituiti parte civile con l’avvocato Pietro Guidotto) che nel 2014 si tolse la vita per la vergogna dopo aver visto pubblicate su Facebook una sua foto in intimo e le chat che si era scambiata con l’uomo che, secondo l’accusa l’aveva raggirata.
In primo grado lui, Gennaro Di Bonito, 27enne napoletano, e la sua compagna, Enza Iovinelli, sua coetanea, erano stati condannati a tre anni e quattro mesi ciascuno (con tanto di 20mila euro di provvisionale) per tentata estorsione, truffa, diffamazione e sostituzione di persona. La Corte d’Appello di Venezia ha ribaltato quella sentenza, scatenando la delusione dei familiari della vittima. Enza Iovinelli è stata assolta con formula piena perché il fatto non sussiste mentre la pena per Gennaro Di Bonito, a cui sono state riconosciute le attenuanti generiche, è stata ridotta a un anno e quattro mesi con la sospensione condizionale. «Auspicavamo che si arrivasse a un esito diverso - afferma l’avvocato Guidotto - Visto il risultato non avvieremo nemmeno una causa civile per ottenere un risarcimento». Opposta la posizione dell’avvocato Luca Capriello, difensore della Iovinelli: «Siamo molto soddisfatti del risultato ottenuto che riabilita definitamente il buon nome della signora Iovinelli e gratifica l’enorme lavoro processuale compiuto che si è sviluppato attraverso un rigoroso atto d’appello e un’arringa risultata, sentenza alla mano, convincente».
«È stata spinta ad ammazzarsi da persone senza scrupoli« aveva detto il marito della donna, vittima secondo l’accusa di un ricatto a luci rosse sul web.
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Il Gazzettino