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TREVISO - Il caro-energia e quello dei carburanti, la crescente riduzione delle importazioni e delle esportazione da e per le aree interessate, persino il mancato arrivato dei turisti: la guerra tra Russia e Ucraina sta avendo un pesante impatto anche sul sistema produttivo della Marca. La crisi geopolitica in atto sta colpendo direttamente più di un'impresa trevigiana su quattro: il 27,1 per cento del totale, secondo uno studio di Confartigianato. Una quota superiore alla media nazionale, pari al 21,6 per cento. Così come è più elevata la percentuale rappresentata dai lavoratori di tali ditte: 38,4%, quasi otto punti in più rispetto al dato italiano.
SOTTO PRESSIONE
Per entità delle ripercussioni, Treviso è la quarta provincia in Veneto, che, a sua volta, è la terza regione in Italia in questa speciale, e poco confortante, graduatoria. Sono 18.581 le imprese trevigiane messe sotto pressione, a causa delle violente sollecitazioni nell'offerta e nei prezzi dei beni provocate dal conflitto: il 98,5% di queste realtà sono piccole e medie e, nel complesso, occupano quasi 116.600 persone. Primo, più immediato effetto, l'ulteriore impennata dei rincari per elettricità e gas indotta dalle ostilità e dalle conseguenti sanzioni internazionali alla Russia: a farne le spese - in senso letterale - sono soprattutto i settori a più alto consumo energetico: dalla metallurgia alla petrolchimica, dal vetro e dalla ceramica alla carta, nella Marca contano 519 imprese per 10.185 dipendenti.
IMPORT ED EXPORT
Non migliore la situazione riguardo all'aumento dei prezzi dei carburanti, nonostante le recenti misure di calmierazione varate dal governo: com'è facile intuire, a soffrirne in misura maggiore è il trasporto merci e persone, nella Marca vale a dire 1.637 ditte e 10.349 addetti. Ancor più numerosa la platea toccata dalla carenza di materie prime, determinata dalla frenata delle importazioni provenienti dal teatro di guerra: in provincia si parla di 10.552 imprese con poco meno di 50mila lavoratori, in particolare nei comparti dell'alimentare, dei metalli e delle costruzioni. In direzione opposta, ci sono anche molte aziende nostrane che esportano verso l'Ucraina e la Russia: 1.750 quelle più esposte - soprattutto nel campo della moda e dei macchinari - con 25.880 occupati, in base alla stima di Confartigianato, che ora devono fare i conti con le restrizioni o l'impossibilità fisica di inviare merci e servizi in quei paesi.
Non solo, i russi costituivano anche una voce non trascurabile del turismo diretto in Veneto e anche della Marca, specialmente in proporzione alla spesa turistica. Flussi oggi, naturalmente, prosciugati. A subirne il contraccolpo, 4.113 attività dell'alloggio e della ristorazione e oltre 20mila addetti. «I maggiori costi pagati dalle imprese - ribadisce Bernardi - sono gonfiati da una più alta tassazione dell'energia che, non rispettando il principio chi inquina paga, penalizza maggiormente le piccole imprese, come nel caso dell'elettricità».
Il Gazzettino