Sono 224 i medici, laureati e abilitati ma non specializzati, pronti a lavorare nei Pronto Soccorso del Veneto. L’ha annunciato ieri il governatore Luca Zaia, alla chiusura...
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Nel frattempo Santucci attenderà risposta alle sue domande di partecipazione ai corsi regionali da 400 ore per l’acquisizione delle competenze teorico-pratiche in Pronto Soccorso e Medicina Interna, finalizzati all’inserimento di 500 camici bianchi con contratti di lavoro autonomo negli ospedali del Veneto. «Ho pensato di presentare richiesta per entrambi, per darmi più possibilità», sottolinea il dottore, ora precario in una clinica.
I POSTI
Non ci dovrebbero però essere problemi di soprannumero, visto che per i 320 posti in Pronto Soccorso, sono arrivate 224 candidature, di cui saranno verificati i requisiti in vista dell’avvio della formazione entro l’anno. «L’adesione è stata importante – ha commentato Zaia – il che dimostra quanta voglia di lavorare e di mettersi alla prova ci sia tra i nostri giovani medici, imprigionati nell’assurdità nazionale delle borse di specialità in numero largamente inferiore ai laureati in Medicina. Non butteremo mai allo sbaraglio questi ragazzi, ma li inseriremo gradatamente, vicino ai colleghi strutturati, e a occuparsi delle situazioni più semplici, non certo di codici rossi. Abbiamo fiducia nelle nostre Università e siamo certi che, con la preparazione ottenuta, i giovani medici saranno preziosi occupandosi, ad esempio, di codici bianchi o, al massimo, verdi».
Entro il 14 novembre potranno essere avanzate le disponibilità per i 180 posti di Medicina Interna. Ha osservato Manuela Lanzarin, assessore veneta alla Sanità: «È chiaro che si tratta di una soluzione di tipo emergenziale ma, come evidenzia bene il documento approvato da tutte le Regioni italiane, la questione ha due facce. L’urgenza è dettata dalla necessità di non chiudere reparti, e questo la Regione Veneto non lo farà mai; la prospettiva è quella di una profonda riforma che snellisca e sburocratizzi l’intero cammino verso l’esercizio della professione medica».
Angela Pederiva
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Il Gazzettino