Canoni demaniali marittimi, la sentenza che blocca il rincaro del 25%. E all'orizzonte c'è una class-action

Foto di Gianni Crestani da Pixabay
Una sentenza del Consiglio di Stato scompagina le carte sul tavolo dei canoni demaniali: il supremo tribunale amministrativo di fatto con la sua decisione rimette in discussione...

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Una sentenza del Consiglio di Stato scompagina le carte sul tavolo dei canoni demaniali: il supremo tribunale amministrativo di fatto con la sua decisione rimette in discussione l'aumento del 25% deciso lo scorso dicembre dal ministero delle Infrastrutture.

Ricorso di un concessionario demaniale: la sentenza

Un fulmine a ciel sereno che è l'effetto del ricorso proposto dall'avvocato Valerio Migliorini per conto di un concessionario demaniale di Rosolina Mare, che ha portato al congelamento del decreto ministeriale che aveva stabilito l'aumento. La sentenza, dello scorso 21 giugno, per il momento ovviamente avrà valore solo per il concessionario che ha proposto il ricorso, ma già oggi i vari concessionari si riuniranno per avviare una class-action e chiedere il blocco degli aumenti erga omnes, ovvero per tutti.


Aumento dei canoni demaniali marittimi

Va sottolineato che quello di dicembre era stato l'incremento più alto di sempre sui canoni demaniali marittimi. A livello nazionale, il calcolo dei canoni viene infatti solitamente adeguato agli indici Istat sull'inflazione. Per il 2023, invece, l'aumento è stato calcolato facendo la media sul paniere Istat tra i prezzi all'ingrosso (+40%) e i prezzi al dettaglio (+9%) del 2022, portando quindi al balzo del +25%. «Abbiamo accolto con grande favore l'ordinanza del Consiglio di Stato. commenta Alessandro Berton, presidente regionale di Unionmare che già oggi sarà a Roma per discutere i nuovi ricorsi collettivi assieme agli altri concessionari - Di fatto ha decretato illegittimo il decreto 321 del 30 dicembre scorso. Già a suo tempo avevamo sottolineato l'inopportunità di questa accelerazione, un aumento così importante che finiva per penalizzare il Veneto, un territorio virtuoso dove da tempo i canoni demaniali minimi non sono presenti e già vengono indicizzati su quella che è la dimensione in metri quadrati delle concessioni. Più volte in questi mesi abbiamo ribadito come il tema della questione balneare debba essere affrontato in una riorganizzazione complessiva del settore». In considerazione del fatto che il provvedimento di stop all'aumento per ora riguarda solo l'azienda che ha presentato questo ricorso, tra i balneari è stato già avviato un primo confronto interno con il loro team legale.


Abbiamo già preso contatto anche con l'agenzia del demanio proprio per avviare un'azione collettiva per far sì che tutti i concessionari che afferiscono al nostro sistema possano nei prossimi giorni presentare un ricorso pluralistico e collettivo

 

Canoni, quanto paga il Veneto?

«Ricordo che il Veneto è la regione che paga di più dal punto di vista dei canoni demaniali. Andiamo dalla situazione più importante della Bibione Spiagge, con oltre 600mila euro di canone annuo, che avrebbero quindi avuto un incremento di 150mila euro, ai 300mila euro di Caorle, e fino ai 250mila euro del Lido di Venezia, solo per fare alcuni esempi. Il nostro tessuto imprenditoriale balneare è composto principalmente da maxi concessionari, che quindi pagano molti soldi». Nonostante i paventati aumenti dei canoni, il costo del posto spiaggia è rimasto invariato. «Le aziende hanno fatto un grande sforzo conclude il presidente di Unionmare - per assorbire l'aumento dei costi e fare in modo che non si ripercuotessero sull'utente finale. I prezzi per la stagione 2023, infatti, non hanno subito aumenti».

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Il Gazzettino