Nel 2016 ha fatto la parodia di Fabio Rovazzi: lì era Andiamo a comandare, qui è diventato Andiamo a vendemmiare. L'anno dopo è toccato a Vulcano di...
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Nicola Canal, il suo nuovo video Una buona annata in sei giorni ha avuto più di 80mila visualizzazioni su YouTube e quasi mezzo milione su Facebook. Come ha convinto Zaia a farne parte?
«Eravamo al Vinitaly e il governatore mi ha detto: quest'anno il video della vendemmia lo voglio fare anch'io. Pensavo fosse una battuta, invece quando l'ho chiamato in due e due quattro abbiamo fatto. Quante volte abbiamo girato la scena? Una. Buona la prima. Bravissimo».
Sui social lei è Canal il Canal. Ma chi è Nicola Canal?
«Ho 32 anni, compiuti sabato. Papà muratore in pensione, mamma casalinga, due sorelle gemelle di dieci anni più vecchie. Ho fatto le elementari e le medie a Farra di Soligo, il liceo scientifico a Pieve di Soligo, poi l'Accademia di Arte drammatica a Udine. Ho fatto qualcosina di teatro a Roma, finché un giorno ho fatto pace con i miei sogni di attore».
Cioè si è arreso?
«Era il 2015. Facevo il cameriere a Eataly a Torino, una gran bella azienda, e a un certo punto ottengo l'assunzione per occuparmi della didattica ai bambini, dovevo spiegare come si fa la mozzarella, la cioccolata, eccetera. Così abbandono il mondo dei casting, dei provini. Recito solo per me e per i miei amici facendo dei video e postandoli sui social. E da attore frustrato divento una persona felice».
Il video della svolta?
«La telefonata all'Expo di Milano, quando mi lamento che il Veneto non ha neanche un capanon. Mi sono ripreso da solo, con il telefonino, mentre parlavo con la centralinista. Dall'altra parte del muro la mia coinquilina stava lavando i piatti».
Come si è accorto del successo?
«Qualcuno ha fatto girare il video su Whatsapp, in due giorni mi sono arrivate cinquemila richieste di amicizia su Facebook».
I video più gettonati?
«L'Expo. La Passerella di Christo in tea vasca dei pess. Ma anche la lettera arancione dell'Inps. Tutti video legati a fatti di cronaca. Dopodiché ho deciso di usare il termine immusonà. Lo dice sempre mia mamma».
Lavora ancora a Eataly?
«Non più. Adesso sono in radio, a Bella e Monella, un talkshow pomeridiano che si chiama Capita col Canal. E continuo a fare video».
Come si definisce?
«Influencier. Non influencer che si pronuncia influenser, ma influencier con la c. Così sono più concreto».
Il lato negativo dell'essere famosi?
«Non puoi permetterti di non essere felice con le persone. Altrimenti pensano che te la tiri».
Dall'esordio dell'Expò la sua lingua è il veneto. Al cinema i veneti che parlano in veneto solitamente sono ubriaconi, serve, sempliciotti.
«Io prendo le distanze da quegli stereotipi, ma riconosco che c'è tanto lavoro da fare».
Per il referendum sull'autonomia del Veneto si è esposto: un video, poi la foto con il certificato elettorale.
«Io ho studiato a Udine, in un'Accademia che vive grazie all'autonomia. Mi sono sempre chiesto: perché non ce l'abbiamo anche noi a Venezia? Ho sempre vissuto come una profonda ingiustizia il fatto di essere tra due regioni a statuto speciale».
Il suo futuro?
«Me lo sto chiedendo in questi giorni. Mi piacerebbe andare in giro per l'Italia e raccontare storie, come quando sono andato in Brasile e ho incontrato i figli dei nostri migranti veneti, mi pareva di essere a casa anche se ero dall'altra parte del mondo».
Mai pensato di darsi alla politica?
«No, per carità, non so fare niente. So fare bene solo il mona importante». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino