Mollano tutto per viaggiare in camper la sfida di due trentenni: «Ora o mai più»

Camilla Marcon e Francesco Zorzi girano il mondo in camper
TREVISO - «Ci siamo guardati negli occhi e ci siamo detti: abbiamo trent’anni, se non lo facciamo adesso non lo faremo mai più. E così siamo...

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TREVISO - «Ci siamo guardati negli occhi e ci siamo detti: abbiamo trent’anni, se non lo facciamo adesso non lo faremo mai più. E così siamo partiti». Camilla Marcon e Francesco Zorzi, “Le teste di camper” – come si fanno chiamare – raccontano così l’inizio della loro avventura intorno al mondo. Una storia, la loro, che è cominciata in Svizzera, proseguita a Madrid, Padova, Treviso, fino alla Nuova Zelanda, paese dove staranno per circa un anno. Entrambi laureati in scienze motorie si sono conosciuti a una scuola di fisioterapia in Svizzera e da lì non sono più lasciati. Camilla, prima di diventare personal trainer e assistente di sala nelle palestre, ha a lungo collaborato con l’ospedale di Treviso. Francesco, invece, è specializzato in rieducazione motoria, e ha lavorato nella prevenzione di malattie metaboliche, cardiovascolari e osteoarticolari. Insieme hanno iniziato a lavorare nella progettazione di palestre per la salute nella zona di Treviso. L’ultima è stata in collaborazione con la Lilt. Prima dello scoppio della pandemia la loro vita, raccontano, stava prendendo una piega totalmente diversa da quella che invece è ora.

LA STORIA

«Avevamo trovato un lavoro nel nostro ambito di studi che poteva farci mettere radici – racconta Camilla – per questo avevamo anche comprato casa. Un progetto per una palestra in collaborazione con l’ospedale, contratti a tempo indeterminato per entrambi. La nostra vita sembrava andare in quella direzione, ma il progetto è sfumato. Questa è stata una bella batosta. Ci siamo sentiti a terra». Dopo questa prima delusione, il covid e un lutto importante per Francesco: «Mia mamma era uno spirito libero. Non ho mai più conosciuto nessuno con una voglia di avventura come lei. Le mancava poco tempo per andare in pensione e finalmente fare tutti quei viaggi che nella vita non aveva ancora potuto fare». «Quando accadono queste cose – spiega Camilla – ti chiedi davvero cosa conti di più nella vita. Se io debba aspettare la pensione per realizzare i miei progetti, per viaggiare, per vedere il mondo. In quel momento ci siamo guardati davvero negli occhi e ci siamo detti: partiamo». Una scelta non avventata, ma ragionata: «Dopo una serie di cose brutte sentivamo il bisogno di riempirci gli occhi di bellezza – raccontano i ragazzi – sentivamo davvero l’esigenza di rispettare i nostri desideri e la nostra intraprendenza. Le persone a noi più vicine ci hanno messo un po’ di tempo a capirlo, ma oggi ci sostengono».

 

IL PIANO

Così, Camilla e Francesco, hanno messo in affitto la loro casa, venduto la macchina e tutte le cose che non sarebbero più servite. «All’inizio questo nostro progetto poteva sembrare solo un atto di ribellione, ma non è così. Stiamo cercando infatti di raccogliere materiale per testimoniare l’effetto che sta avendo il cambiamento climatico sulle diverse popolazioni e sui luoghi che abbiamo visitato – spiegano i ragazzi - foto, video e racconti delle persone, per capire come il mondo sta cambiando. Abbiamo avuto esperienza di tutti gli Stati Uniti, del Canada e del Costa Rica. È un modo, il nostro viaggio, per renderci conto di come le persone che vivono in territori molto colpiti dai cambiamenti climatici si comportino a riguardo». Da sempre impegnati nel volontariato, ora che sono in Nuova Zelanda prenderanno parte al progetto “wild life”, attività di volontariato in difesa dell’ambiente e delle specie animali nell’isola oceanica. Prossima tappa l’Australia. Del ritorno a e a casa se ne parlerà tra qualche anno. L’itinerario, però, è già segnato: percorrere l’Asia e il Medio Oriente “zaino in spalla”, recuperare il loro amato camper negli Emirati Arabi e poi da lì, prendere la via per il ritorno verso Treviso. «Ci piacerebbe, una volta a casa, fare una mostra con tutti i materiali raccolti con qualche ente benefico per testimoniare quest’esperienza. Ci prendevano tutti per pazzi, ma quello che può sembrare sbagliato, a volte, si rivela la scelta migliore da fare».

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Il Gazzettino