Sos ghiacciai: «Le abbondanti nevicate non bastano a salvarli. È troppo caldo»

Il ghiacciaio ormai frammentato della Marmolada
VENETO E FRIULI - Non c’è da sperare che le abbondanti nevicate di quest’anno salvino i ghiacciai. Troppo poco rispetto a quanto perduto nei decenni e a un...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

VENETO E FRIULI - Non c’è da sperare che le abbondanti nevicate di quest’anno salvino i ghiacciai. Troppo poco rispetto a quanto perduto nei decenni e a un aumento della temperatura media anche in quota, poiché l’inverno 2020-21 non può essere certo l’indicatore di un cambiamento climatico, con momenti di freddo peraltro limitati e non continui.


Tutti elementi che mantengono vive le preoccupazioni per le sorti delle montagne da un lato, dall’altro per le necessarie scorte di acqua per la nostra vita.
Lo conferma Franco Secchieri, geologo e glaciologo che tiene costantemente sotto osservazione le Alpi, soprattutto quelle di Veneto e Trentino-Alto Adige, nel rispondere al quesito sugli eventuali benefici prodotti della maggior neve caduta finora.

L'ESPERTO
«Prima di rispondere, sono opportune alcune considerazioni in merito ai recenti eventi meteo climatici che per molti versi paiono tra loro alquanto contradditori - sottolinea - il precedente inverno 2019-2020 fu povero di neve e la successiva estate tanto calda e secca da far ricordare il 2020 come l’anno più caldo degli ultimi trenta. A tutto questo è seguito un inizio inverno 2021 il più nevoso da decenni. Segnali di un cambiamento del clima? Gli esperti valutano che sia un trentennio il periodo adeguato a definire una variazione certa di tipo climatico. Tuttavia queste anomalie meteo-climatiche possono considerarsi una conferma di quel mutamento che alcuni strumenti naturali hanno cominciato a segnalare già a partire dalla metà degli anni 80 del secolo scorso: i ghiacciai».

Secchieri ricorda che «sono loro a registrare i cambiamenti del clima, dal quale dipendono le avanzate o i ritiri. Dall’esame delle tracce lasciate siamo in grado di definire le vicende climatiche non solo recenti, ma ben più lontane nel tempo, anche di migliaia e migliaia di anni. A leggere e interpretare le dinamiche delle masse gelate delle nostre Alpi ci pensano gli esperti del Comitato Glaciologico italiano, anche con la collaborazione di altre realtà specifiche territoriali come il Servizio Glaciologico del Cai Alto Adige (Sgaa), il Servizio Glaciologico lombardo piuttosto che quello trentino. Riguardo al Veneto, dopo la interruzione dello studio dei ghiacciai dolomitici voluta dalla Giunta a partire dal 2015, ho portato personalmente avanti una annuale campagna di indagine, in modo che rimanessero quanto meno delle immagini documentali sulla preoccupante evoluzione che si sta delineando in modo sempre più evidente».

LE CONSEGUENZE

La conseguenza di questi studi è che «prima di tutto, c’è la modifica del paesaggio alpino d’alta quota. Il pensiero va a montagne famose come la Marmolada, il Sorapis, piuttosto che l’Antelao o le Pale di San Martino (per citare alcuni dei gruppi dolomitici più famosi) che stanno modificando in modo sensibile il loro aspetto per la perdita dei bianchi mantelli. Ci sono poi considerazioni ambientali legate all’esaurimento della riserva d’acqua, con le immaginabili conseguenze per l’agricoltura e per le esigenze del normale vivere sociale. A tale riguardo vale la pena di ricordare come stiano aumentando il consumo e gli sprechi dell’acqua proprio in un momento in cui stanno diminuendo le riserve di questo “oro liquido”. Non ultimo, il considerevole aumento delle frane nell’ambiente montano, spesso direttamente legato al ghiaccio non dei ghiacciai, ma di quello dei terreni gelati, il cosiddetto permafrost».

Cosa attendersi, allora, dalle ultime nevicate?


«Come detto, non siamo di fronte all’inizio di una nuova era glaciale. Prima di parlare di una modifica climatica è necessario riferirsi a un periodo almeno trentennale. Non possono quindi bastare delle nevicate, seppure abbondanti, a definire una inversione di tendenza, al contrario potrebbero persino confermarla. Tuttavia la neve fino a oggi caduta può considerarsi una consolazione pensando al bilancio glaciologico dell’annata 2020-2021. Altri inverni nevosi si sono ripetuti negli ultimi decenni senza tuttavia influire positivamente sullo stato dei ghiacciai. Per loro le somme si tireranno alla fine della prossima estate, le cui caratteristiche termo pluviometriche non si è ora in grado di prevedere, quando si calcolerà il bilancio di massa, inteso come differenza tra la neve caduta e quella che si scioglierà al sole dell’estate. Per ora accontentiamoci e restiamo a guardare cosa l’imprevedibile meteo ci proporrà».
Luca Gigli
 

 

Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino