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CHIOGGIA - «Ho ricevuto giovedì i genitori del 14enne picchiato dalla baby gang e ho chiesto loro scusa a nome della città». Il sindaco, Mauro Armelao, riferisce il suo “doveroso gesto” nei confronti della famiglia - polesano il marito, chioggiotta la moglie - il cui figlio è stato picchiato da due ragazzi quasi suoi coetanei, mentre altri 7-8 stavano a guardare e, in qualche modo, “coprivano” i picchiatori, bloccando l’ingresso della calle nei pressi di piazza Todaro, in cui avveniva il pestaggio. Ma la questione non può finire con le scuse e lo stesso Armelao lo dice a chiare lettere: «Insisterò ancora con il Prefetto per avere più aggregati delle forze dell’ordine durante il periodo estivo e, con i legali dell’Avvocatura civica, sto esaminando la possibilità che il Comune possa costituirsi parte civile e sporgere denuncia, per danni d’immagine, nei confronti di chi venga identificato come autore di azioni di questo genere».
Una linea dura che non sarà facile seguire, anche dal punto di vista giuridico, perché i piccoli bulli sono davvero molto giovani: uno dei due picchiatori ha solo 13 anni, addirittura sotto la soglia di punibilità, anche se questo non significa che non possa essere oggetto di interventi specifici da parte del Tribunale dei minori e dei servizi sociali, fino all’allontanamento dalla famiglia d’origine.
Del resto il fenomeno del bullismo di strada si ripete a Chioggia da un paio d’anni a periodi alterni. Tra l’estate 2020 e l’estate 2022, non è cambiato nulla: la stessa baby gang che imperversava allora, a caccia di ragazzini “foresti” su cui sfogarsi, continua a farlo oggi e continua a picchiare, senza motivo, altri ragazzini, più o meno coetanei, ma rigorosamente da soli o, al massimo, in compagnia della fidanzatina, ma sempre in numero soverchiante, in modo da non correre rischi e incutere paura. È un quadro desolante, dal punto vista sociale, quello che emerge dalle confidenze di alcuni genitori che hanno vissuto, chi prima, chi dopo, esperienze del genere. «Un anno e mezzo fa mia figlia 13enne – racconta una mamma – è stata letteralmente circondata da un gruppo di ragazze, e sottolineo ragazze, che la insultavano e minacciavano di picchiarla. Mi ha chiamato al telefonino e sono arrivata appena in tempo, per fortuna insieme ai carabinieri, per toglierla da quella situazione». Ma, spesso, i primi a non raccontare quello che succede sono proprio le vittime, i ragazzini bullizzati che hanno timore di riferire ai genitori, perché «se si viene a sapere, ti prendono di nuovo di mira». E neppure le denunce sembrano servire a qualcosa, perché diventano, per i bulli, una sorta di “medaglia”.
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Il Gazzettino