Bruno Pizzul il celebre telecronista festeggerà l'8 marzo 80 anni con una cerimonia nella sua Cormons. Il racconto di una vita intensa: da calciatore pronto a tallonare...
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Che effetto fa a Bruno Pizzul un mondiale di calcio senza l'Italia?
«Una sensazione di dispiacere, ma in qualche modo non inattesa: anche se l'ultimo atto - con la Svezia - è stato sfortunato, era la conseguenza di una situazione che durava da anni. Si era capito che la Nazionale non era competitiva in campo internazionale, abbiamo fatto fatica con tutti. Occorre ripartire dai settori giovanili. Certo mi è mancato il Mondiale vinto e anche l'Europeo vinto, una volta ero in anticipo e un'altra in ritardo. Avrei volentieri gridato anch'io Campioni del mondo!, ma l'unica volta che mi è davvero spiaciuto è stato nel 1990: raramente ho raccontato una Nazionale così forte e bella da vedere come quella di Vicini. Anche perché la nostra squadra, alla quale vogliamo tutti bene, non è che abbia mai divertito, la sua forza è sempre stata quella di non far giocare gli altri».
La prima telecronaca?
«La prima telecronaca è arrivata qualche giorno dopo l'assunzione alla sede Rai di Milano, dovevo fare lo spareggio per le finali di Coppa Italia tra Juventus e Bologna che giocavano sul neutro di Como. Mi presentai alle dieci del mattino, Beppe Viola mi convinse ad andare a pranzo, tanto c'era tempo. Ma quando tentammo di raggiungere Como, sulla strada c'era l'intera Brianza bianconera, così sono arrivato in postazione un quarto d'ora dopo. Per fortuna c'era la differita, mi fecero una lavata di capo e mi consigliarono benevolmente di non frequentare Viola prima delle partite. Con Beppe eravamo grandi amici».
Come è nato il Pizzul calciatore?
«Ho vissuto la fanciullezza nel periodo duro del dopoguerra a Cormons, nella zona di Gorizia occupata per 40 giorni dalle truppe di Tito, il IX Corpus. La gente spariva e non se ne sapeva più niente, tanti sono stati infoibati. Famiglie divise che si guardavano con odio».....
Il Gazzettino