ARRE - «Svegliarsi e trovare sul cancello di casa due belle brioche senza averle ordinate è più di una sorpresa. È la testimonianza che ci...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
«Le ragazze del Toujour Cafè di Arre, che mi conoscono e che in questo periodo fanno solo consegne a domicilio, sapendo della difficile situazione della mia famiglia, hanno voluto così rendere più dolce la mia giornata», racconta Marika, 26 anni, che è ausiliaria all’asilo di Palù di Conselve e che nonostante il difficile momento che sta passando mantiene una serenità quasi disarmante, ma soprattutto trova la forza per essere di sprone agli altri. E così, qualche giorno fa, ha preso carta e penna e ha scritto una lettera poi postata sul suo profilo Facebook e finita a “Le storie degli altri” di Carmelo Abbate. Queste le sue parole: «Il 15 marzo, il giorno del suo compleanno, il mio papà è stato ricoverato e trovato positivo al Covid19, poi il 16 anche la mia mamma è stata portata via, stessa storia. Il 17 hanno fatto il tampone anche a me ed è risultato positivo, per fortuna io sono asintomatica. Da tre settimane ormai sono da sola, fisicamente sola. Il 25 marzo mio padre è mancato ed aveva solo 68 anni. Non sono potuta andare al suo rito funebre, ma sono riuscita a salutarlo dal cancello di casa perché gentilmente le onoranze funebri si sono fermate un attimo con la macchina affinché potessi vederlo», racconta Marika nella lettera. «Ho fatto una promessa a mio padre, gli ho detto che l’avrei riportato a casa, una volta finito tutto, per fare la cremazione, perché lui voleva così. Mia mamma Rita è pure ricoverata e si trova in rianimazione, lei non sa che il papà è morto. Se e quando si risveglierà, non lo troverà più. Stare a casa ad aspettare è difficile, soprattutto la sera, quando l’ansia e l’angoscia mi assalgono».
Ancora: «Non scrivo tutto questo per fare tenerezza o pena a qualcuno, scrivo per dare forza a quelle persone che si trovano in difficoltà, proprio come me. I dottori ci chiamano dall’ospedale stremati, le infermiere abbattute, perché per ogni vita persa per loro è una sconfitta, ma io ho trovato tanta umanità. Dagli amici, familiari, dottori e anche da gente sconosciuta che mi parlava al telefono per tenermi compagnia, per darmi forza, per aiutarmi a fare chiarezza sui paroloni usati dal primario, o semplicemente per assicurarsi che stessi bene. Se bene si può stare in queste situazioni». E conclude con un messaggio di speranza: «Non siamo soli, stiamo combattendo uniti, ognuno a suo modo e con i propri mezzi. I piccoli gesti in questi giorni duri sono tutto e voglio invitare chiunque ad avere un occhio di riguardo per gli altri. Possiamo farcela». E Federica e Cristina, le ragazze del bar di via Roma di Arre, che pure faticano con la loro attività in questo periodo, hanno contribuito con un piccolo gesto, ma di grande sensibilità, a rendere meno dura la giornata di Marika, in attesa di buone nuove su mamma Rita da Schiavonia.
Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino