MONTEBELLUNA - Tendono un agguato al presunto stalker di una donna e lo riducono in fin di vita, portandogli via il portafoglio e il cellulare. Solo quando i carabinieri di...
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SENZA PIETÀE' l'8 febbraio 2017: il barista appena scende dall'auto viene aggredito, pestato a sangue con un tirapugni, inseguito, nuovamente pestato e ridotto in fin di vita da quattro persone, con passamontagna in testa. E l'agguato sarebbe finito in tragedia se uno degli assalitori, ravvedutosi per un istante, non avesse deciso di fermare i complici. Il 40enne è a terra dolorante, con trauma cranico e fratture costali, quando gli strappano il cellulare (per far sparire le foto) e il portafoglio con 230 euro. Poi la fuga. L'uomo finisce in ospedale e viene giudicato guaribile in almeno 50 giorni (poi saranno di più). Appena riesce a parlare, anche se non ha riconosciuto gli aggressori, racconta ai carabinieri perché era venuto a Montebelluna. Immediatamente scattano le perquisizioni. Tre negano e cercano di depistare gli investigatori, ma il quarto, pentito, collabora. A casa del minorenne, che si vanta d'aver ridotto in fin di vita il 40enne, spuntano i tirapugni. Ma è il sequestro dei cellulari che permette ai carabinieri di ricostruire i contorni della storia da film giallo. La procura dei minori dispone una misura restrittiva per il 17enne, mentre quella di Treviso tergiversa. I cellulari restituiscono le immagini cancellate e tutto diventa chiaro a partire dal ruolo della ragazza. «É lei -per gli inquirenti- la mente dell'agguato». Le prove sono schiaccianti e così gli avvocati De Luchi, Piazza e Sartore convincono i clienti a patteggiare la pena. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino