TREVISO - Erano in quattro lunedì sera al K3: Giuseppe Canova, Mauro Michielon, Alessandro Manera, Pierpaolo Florian. Stavano discutendo su come organizzare la festa...
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«Ma non solo - racconta Manera - spesso usiamo quella uscita per lasciare il K3, magari in tarda serata, quando l’ingresso principale viene chiuso. Basta tirarsi dietro la porta, che dall’estero non si apre, e si scendono le scale». Fosse accaduto quel lunedì qualcuno, nel buio, avrebbe potuto inciampare nel filo teso e innescare l’esplosione. È sarebbe accaduto l’irreparabile. Ma sono usciti tutti dall’altra parte: sempre il destino, il caso o la fortuna ci hanno messo una mano.
TANTA FORTUNA
Al K3, in questo strano ferragosto, è avvenuto qualcosa di paradossale. Sabato mattina, quindi due giorni prima della riunione, era deflagrata la prima bomba-carta senza che nessuno se ne accorgesse. Anche questa era stata messa sul ballatoio, accanto alla porta. Ma, molto probabilmente, aveva un potenziale ridotto. Doveva solo attirare l’attenzione. Se ne sono accorti in due: un residente e un ristoratore con l’attività a poca distanza, erano stati svegliati da un botto improvviso verso le 5 di mattina. Spaventati, avevano telefonato alla Polizia senza però dare indicazioni utili per localizzare il posto giusto. Un’auto della Digos ha fatto un passaggio senza trovare niente. Comprensibile: gli agenti si sono concentrati sull’ingresso del K3, non sul retro. Hanno anche verificato i bancomat della zona, temendo l’ennesimo blitz degli specialisti del plastico. Ma non hanno trovato nulla. La domenica successiva nessuno è entrato nella sede della Lega. Lunedì i primi movimenti in serata, per la riunione organizzativa filata via tranquillamente: intanto la bomba riposava fuori, a pochi metri. Alla fine sono stati gli stessi attentatori, magari stupiti che nessuno si fosse ancora reso conto di nulla, a parlare dell’attento con la farneticante rivendicazione pubblicata online.
PAURA
«Siamo tutti sotto attacco», dice senza tanti giri di parole Riccardo Barbisan, consigliere regionale e capogruppo della Lega a palazzo dei Trecento. «La rivendicazione mi pare parli chiaro. A essere minacciati non siamo solo noi, ma anche le altre forze politiche, le istituzioni, la stampa, i cittadini, le stesse forze dell’ordine. Non ci sono molte cose da dire, oltre che l’unico modo per stare sicuri è attendere che chi ha messo quelle bombe finisca dietro le sbarre».
IL SINDACO
Anche ieri il sindaco di Treviso Mario Conte è tornato al K3. L’area dove sono stati trovati gli ordigni è stata ripulita, di quanto accaduto tra domenica mattina e mercoledì non è rimasta traccia, se non nelle teste e nell’animo di chi ha scoperto di essere stato pesantemente minacciato. «È accaduto un fatto grave e pericoloso - ha sottolineato Conte - non è stata un’intimidazione, ma c’è stata la volontà di fare del male a qualcuno: molto probabilmente alla Polizia. Da oggi si va avanti a lavorare con molta determinazione ma sapendo che qualcuno vuole anche farci del male. L’attenzione dovrà essere sempre massima, ma anche la serenità deve essere totale: stiamo lavorando solo per gli interessi dei cittadini. Se a qualcuno questa politica non va bene il problema non è nostro. Siamo sereni: la Prefettura ha predisposto controlli davanti a tutte le sedi della Lega, le forze dell’ordine stanno facendo un lavoro eccezionale. E quanto prima verrà fuori la verità». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino