Guardare una delle oltre 4.000 opere esposte alla Biennale di Venezia, scrutare le aree espositive interne ed esterne dei Giardini e dell'Arsenale, poi discuterne con amici e...
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Tutto questo non dalla Laguna ma sdraiati nella propria poltrona, oppure viaggiando o ancora passeggiando per strada da proprio cellulare. Ed essere assaliti non dall'intenzione di «saltare» la visita a Venezia ma piuttosto di organizzare un bel viaggio per vederla dal vivo, dopo esserne stati folgorati via web. Accade da oggi grazie alla partnership tra la Biennale e il Google Cultural Institute che mette on line che la mostra internazionale e le mostre di 80 Paesi in 70 padiglioni nazionali. Sul sito del Google Cultural Institute e quello della Biennale e grazie anche ad un'app per dispositivi mobili scaricabile da Google Play sarà possibile sfogliare le opere esposte, fare tour virtuali attraverso Google Cardboard, visitare le sale grazie a più di 80 immagini Street View.
«È un'operazione che consente di tenere viva la Biennale - dice il ministro Dario Franceschini alla presentazione del progetto presso il Mibact del progetto - anche quando è finita e questo finora non era mai capitato, se non all'interno delle pagine di un catalogo. La Biennale è un eccellenza non solo nella storia ma anche nell'innovazione». Franceschini aggiunge: «Quest'operazione consente di capire se questo tipo di collaborazioni moltiplicano, come io credo, i visitatori o invece rallentano, come sostiene qualcuno, il numero degli accessi. Ma io sono convinto che l'arte si apprezza e la si vede direttamente e io penso che anche quelle offerte dal web siano tutte occasioni per far venire la voglia di organizzare un viaggio».
«Quest'accordo che realizziamo con Google - dice il presidente Paolo Baratta - è un primo esperimento importante, e credo che possa avere sviluppi futuri per alcuni aspetti ancora imprevedibili. L'intera mostra sarà on line in modo gratuito. Non è l'accordo tra il diavolo e l'acqua santa, perchè la minaccia della tecnologia diventa un'opportunità se non si è ospiti ma partner». «Abbiamo digitalizzato - dice Amit Sood, direttore del Google Cultural Institute - non solo le bellissime storie della Biennale ma anche gli spazi per renderle accessibili a tutti e democratizzarle.
Il Gazzettino