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UDINE - Il primo colpo - durissimo - era già arrivato con la chiusura del porto di Mariupol, ormai assediato dall'esercito russo che martella la città martire dell'Ucraina sulle rive del Mar di Azov. Da lì partivano le navi che facevano rotta su Monfalcone (Gorizia) e quindi verso il fondale più basso del porto di San Giorgio di Nogaro, in provincia di Udine. Erano piene di bramme d'acciaio, cioè i prodotti semilavorati ottenuti attraverso la colata dei lingotti che rappresentano il prodotto grezzo della filiera. La scorsa settimana ha effettuato l'attracco l'ultima nave. Ora lo stretto che divide il Mar di Azov dal Mar Nero è interamente sotto controllo russo. Non si passa più. Ma quello che è successo nella notte tra venerdì e ieri ha peggiorato - se possibile - la situazione. L'esercito russo, con pesanti infiltrazioni delle truppe cecene fedeli a Putin, ha colpito a più riprese l'acciaieria Azovstal. È la più grande d'Europa e il materiale poi caricato sulle navi arrivava (ormai il passato è d'obbligo) quasi tutto da lì. Le conseguenze, quindi, si faranno sentire anche nel caso di una tregua o - sperabilmente - di una pace tra le Nazioni in guerra.
L'IMPATTO
Il polo dell'acciaio di Mariupol sembrerebbe essere conteso, non ancora nelle mani del battaglione guidato dai ceceni per conto dell'esercito russo.
LE SOLUZIONI
Il laminatoio di San Giorgio di Nogaro non ha più acciaio fresco da poter lavorare. Di conseguenza le più grandi aziende friulane non possono più contare su rifornimenti certi e immediati. Le direttrici sulle quali si lavora per sopperire almeno in parte all'assenza dell'acciaio ucraino (da ricordare che a causa delle sanzioni non arriva nemmeno più la materia prima russa) sono al momento due: il mercato sudamericano e la produzione che arriva dalla Serbia, sulla quale ci sono delle novità recenti. Si parte però dal Sudamerica, con i contatti tra le aziende friulane e il mercato brasiliano che sono già stati avviati. Proprio a San Giorgio di Nogaro è attesa prossimamente una nave carica di bramme provenienti dal Brasile. Ma c'è un oceano da navigare e l'arrivo non è previsto prima di tre settimane. Senza contare un costo di trasporto praticamente triplo rispetto alla tratta Mariupol-Monfalcone attraverso Mar Nero, Egeo, Mediterraneo e Adriatico. Il mercato serbo invece è in fibrillazione. La Commissione europea, proprio per far fronte alla crisi dei materiali acuita dalla guerra in Ucraina, ha allentato la morsa commerciale su Belgrado, liberando quote aggiuntive di acciaio da Belgrado. E anche in Friuli è scattata la corsa all'acquisto.
I BLOCCHI
Intanto è alle porte un'altra settimana dura. La Zml di Maniago (Gruppo Cividale) sta lavorando a singhiozzo con molte difficoltà nella produzione dei componenti in ghisa e operai a rotazione in cassa. La stessa situazione si registra in alcuni colossi udinesi della siderurgia come il Gruppo Pittini e l'Abs, nel gruppo Danieli. Anche per questo motivo il presidente regionale Massimiliano Fedriga ha annunciato che «a luglio nell'assestamento di bilancio adotteremo misure mastodontiche, dico mastodontiche, per difendere la nostra economia e lo sviluppo del Friuli Venezia Giulia». A patto che basti.
Il Gazzettino