BELLUNO - Una perizia sul funzionamento della Fiat Uno e eventuali anomalie del veicolo in cui morì Barbara Durastante. Lo ha deciso ieri in aula, in apertura di processo,...
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IL PAPÀ
Il genitore era arrivato da Roma ed era assistito dai referenti di Giesse risarcimenti. La famiglia non è costituita nel processo, ma c'è una causa civile in corso a Milano, contro la Vittoria Assicurazioni, che copriva l'auto. Il papà dopo l'udienza ha commentato: «Io spero che mi torni la fiducia nella giustizia. Spero che chi ha causato la morte di mia figlia paghi. In Brasile esiste l'estradizione, da quando c'è il nuovo Governo, e io spero che in caso di condanna, venga portato a scontare la pena fino all'ultimo giorno». D'altronde il brasiliano rischia una pena che parte da un minimo di 8 anni di reclusione. «Comunque già il fatto che il processo sia iniziato a distanza di meno di due anni dai fatti mi fa ben sperare -ha proseguito papà Durastante - a Roma vedo processi di fatti di 5-6 anni prima. Ma ora deve essere chiarito una volta per tutte quello che è successo: quella persona era al volante con un tasso alcolemico 6 volte quello legale per mettersi alla guida che è 0.50». Gonsalves Galhardo guidava ubriaco con un'alcolemia che sfiorava i 3 grammi di alcol per litro di sangue (2,89 per l'esattezza) e non venne arrestato. Un problema che c'è nei casi di omicidio stradale quando la Procura attende i dati delle analisi forensi relativi allo stato di ebbrezza prima di poter procedere.
IL DESIDERIO
Oltre a quello di avere giustizia il desiderio di Roberto Durastante è quello di rivedere gli occhi di sua figlia. Era stato data l'autorizzazione dai famigliari e le cornee della 42enne hanno ridato la vista e la vita a una persona ignota. Il papà vorrebbe incontrarla. «Non ci sono ancora riuscito - ha detto - anche se ho chiesto alla fondazione Banca degli occhi, che però è tenuta alla privacy. Io ho lasciato un messaggio per chi ha ricevuto quel dono, ma ad oggi non sono ancora stato contattato». Lui gli occhi di sua figlia non li ha più visti, ma quelli dell'uomo che l'ha uccisa ce li ha davanti sempre, ogni giorno sui social. «Lui va avanti con la sua vita in Brasile - spiega Roberto -, come se nulla fosse. Posta immagini, pensieri, notizie di dove si trova. Gli inquirenti quindi sanno chiaramente dove si trova. Non capisco perché non possa assere portato qui ad affrontare le sue responsabilità. Mia figlia invece che era laureata in Optometria e che oggi potrebbe essere a Luxottica, dove assumono, invece non c'è più».
Ovviamente l'estradizione per l'imputato potrebbe scattare solo a sentenza definitiva, in caso di condanna. E ci vorranno tre gradi di giudizio. Intanto Roberto prosegue la sua battaglia, con segnalazioni di casi di malagiustizia, sui social, dove è seguito da 5mila persone.
Olivia Bonetti Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino