«Troppi bamboccioni che mandano mamma e papà perfino alla Cgil»

Nicola Atalmi
TREVISO - «Fuori dal mio ufficio ora metto un cartello Non si effettua ricevimento genitori. Ogni giorno arrivano mamme e papà per figli lavoratori ampiamente...

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TREVISO - «Fuori dal mio ufficio ora metto un cartello Non si effettua ricevimento genitori. Ogni giorno arrivano mamme e papà per figli lavoratori ampiamente maggiorenni». Nicola Atalmi, dirigente della Cgil trevigiana e segretario provinciale della Sl-Cgil, non ne può più. Già la trattativa sindacale è delicata per definizione, ma difendere i diritti di lavoratori che mandano alla trattativa mamma e papà non è proprio possibile. E quindi ieri, sul suo profilo Facebook, ha pubblicato un eloquente messaggio: i genitori se ne stiano a casa. Insomma: altro che bamboccioni. Qui la faccenda si fa sempre più grave. Atalmi non nasconde il proprio stupore, misto a rabbia e amarezza, nel vedere che tanti ragazzi continuano a rifugiarsi sotto l'ala protettrice dei genitori anche quando dovrebbero essere sufficientemente attrezzati per cavarsela da soli. Perché se è comprensibile che mamma e papà si prendano cura dei propri pargoli quando sono a scuola, diventa assurdo che continuino a farlo anche quando si tratta di contratti di lavoro e diritti da difendere. 

 
LA «CONTESTAZIONE»«È una cosa incredibile - ammette sconsolato Atalmi - non stiamo parlando di casi isolati, ma sempre più frequenti. La norma direi. I genitori si presentano al posto dei figli per parlare dei problemi di lavoro. L'ultimo caso oggi (ieri ndr). Una mamma mi telefona dicendo che il figlio ha ricevuto due lettere di contestazione dal proprio datore. Le rispondo che, magari, dovrebbe essere il figlio a contattarmi, non la mamma. E lei replica che il ragazzo le ha chiesto espressamente di chiamarmi. Ma si può?». E nessuno pensi che si tratti di giovani appena maggiorenni, magari alle prese con il primo lavoro serio e la prima difficoltà: «A parte che non andrebbe bene lo stesso - puntualizza il sindacalista - ma qui parliamo di ragazzi adulti, di 25, 26 o 27 anni. Mica diciottenni. E sono tutti italianissimi, gli stranieri sono molto più scafati e sanno arrangiarsi. Bamboccioni? Di più». La situazione è preoccupante: «Ho parlato anche con i colleghi delle altre categorie e pure loro sono alla prese con gli stessi problemi. Io la mia scelta l'ho fatta: non intendo parlare e perdere tempo con i genitori. Se un lavoratore ha bisogno di consigli e assistenza, viene di persona. Non manda mamma o papà. Non siamo a scuola, non facciamo il ricevimento. E anche gli altri faranno così».

L'ALLARME«Una ragazza - continua - ha mandato il papà per parlare della sua lettera di dimissioni. Non ho nemmeno iniziato: ho fatto notare che per queste cose, a parte vedere la busta paga o il tipo di contratto in essere, è imprenscindibile parlare con il diretto interessato. Non ci possono essere vie di mezzo. La situazione è sconfortante. Anzi: devastante. Questi ragazzi dimostrano non solo di non sapere la differenze tra dimissioni o licenziamento, ma non hanno nemmeno idea di come comportarsi, di cosa voglia dire sindacato. Mandano avanti mamma e papà. Devastante». Il rimedio? «Non so. Confido però in queste esperienze di alternanza scuola-lavoro, dovrebbero anche essere utili per far capire quali sono i doveri, come ci si deve comportare. Capire non solo cos'è il sindacato, ma anche che bisogna imparare a cavarsela da soli». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino