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ROVIGO/VENEZIA - «Ho salvato quel bambino che ha l’età di mia figlia, ora vorrei sapere come sta e rivederlo». Daniela Bruma, 47 anni, infermiera professionista alla Medicina di Gruppo di Campagna Lupia era nel posto giusto, al momento giusto quando domenica, a Rosolina Mare (Rovigo), un bambino di dieci anni ha rischiato l’annegamento. Daniela stava passando una tranquilla giornata in spiaggia con la sua famiglia e degli amici, una pausa proprio da quel faticoso lavoro d’infermiera che fa con dedizione e competenza che è risultato fondamentale per una famiglia che aveva già davanti agli occhi la più terribile delle tragedie. Stessa spiaggia, a pochi metri di distanza, l’infermiera era stesa a chiacchierare con una sua amica mentre il bambino stava facendo il bagno. In pochi istanti le loro vite si sono incrociate, per caso ma per sempre. «Stavo parlando con la mia amica – racconta l’infermiera Daniela Bruma- quando nel vocio della spiaggia ho sentito qualcuno gridare che serviva il defibrillatore. D’istinto mi sono girata, ho visto che un gruppo di bagnini aveva soccorso qualcuno e sono corsa a vedere cosa fosse accaduto». Una reazione impulsiva, dettata dal suo spirito di soccorso verso il prossimo e prontezza di spirito sviluppati in anni di lavoro, presso la Casa di Riposo di Dolo prima e alla Medicina di Gruppo di Campagna Lupia poi. «Non c’ho pensato, mi sono alzata: chi era con me dice che in un attimo non mi ha più vista. Andando verso i bagnini pensavo di trovare una persona adulta che aveva avuto una malore, un infortunio. Invece mi sono trovata davanti un bambino di 10 anni, l’età di mia figlia, già cianotico e con la schiuma alla bocca. Ho subito realizzato che il tempo in attesa del defibrillatore era tempo perso viste le condizioni del piccolo. Mi sono qualificata come infermiera e sono intervenuta». Tempo prezioso che Daniela Bruma ha saputo sfruttare grazie alle sue competenze iniziando subito le manovre di soccorso, con la difficoltà da mamma di tenere la mente lucida pur vedendo la disperazione dei genitori del bambino davanti a sé e con la premura di allontanare sua figlia che nel frattempo l’aveva seguita. «Non sapevo nulla, né da quanto tempo fosse incosciente né cosa fosse successo ma qualcosa si doveva fare in mezzo a quella confusione – spiega Daniela-. La famiglia non parlava italiano, io sono d’origine rumena così mi è parso loro fossero moldavi, ma per l’agitazione non ho ricevuto informazioni. Non c’era il battito, era in arresto cardiaco quindi ho iniziato subito la rianimazione, poco dopo una donna che mi ha detto essere una volontaria della croce rossa mi ha offerto il suo aiuto, così le ho chiesto di ventilarlo finché facevo il massaggio cardiaco e pregavo guardando sua mamma».
Il Gazzettino