MASERADA - Quando descrive la sua professione, le piace immaginarsi come una coach con un approccio super-personalizzato per tutti quei bambini e ragazzi che hanno...
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IL PERCORSO«Per la mia indole curiosa, un po' alla Sherlock Holmes, ma soprattutto per una serie felice di circostanze. Il caso eclatante fu quello di una ragazzina che andava male a scuola; la madre la accompagnò da me, pensando avesse qualche disturbo cognitivo. Con mia grande sorpresa, dopo una valutazione neuropsicologica, scoprii invece che era plusdotata, come succede circa al 2 per cento della popolazione. Da lì iniziò una mia personale ricerca di approfondimento». Chi è stato fondamentale nel tuo percorso formativo? «Inizialmente un tirocinio professionalizzante di un anno alla Nostra Famiglia, e poi alcuni corsi con Francesco Benso - e la sua equipe - docente di Psicologia Fisiologica e Psicologia dell'Attenzione all'Università di Genova, papà del Metodo Benso. Attualmente sono trainer di I livello del Metodo Benso, con il quale ho imparato a potenziare i miei studenti non solo a tavolino, ma anche attraverso attività di motricità cognitiva, adatta ai più piccolini oppure ai più terremoti'. Inoltre, non mi limito a collaborare con gli insegnanti e i genitori; dove possibile, lavoro anche con gli allenatori (ad esempio di equitazione, tennis), perché alcune funzioni di apprendimento sono condivise con lo sport e possono essere stimolate ed allenate in modo divertente».
LE COLLABORAZIONI«Da un anno mi sono avvicinata ad Aistap (associazione italiana per lo sviluppo del talento e della plusdotazione) nata per aiutare gli studenti plusdotati, i cosiddetti gifted, che godono di un dono. Alcuni membri dell'associazione mi supportano soprattutto nella valutazione dei diversi casi e nella supervisione». Come agisci di fronte a ragazzini di questo tipo? «Essenziale è la fase di valutazione; poi c'è la restituzione di quello che abbiamo visto, quindi la proposta di piani didattici personalizzati, da condividere con i ragazzi e con gli insegnanti, quest'ultima in assoluto la parte più delicata del lavoro. Nei casi meno gravi, è sufficiente insegnare allo studente un metodo di studio, facendogli recuperare fiducia in se stesso. I risultati sono eccezionali».
LA PASSIONEDa cosa è nata questa tua passione per le neuroscienze? «Ho vissuto con stress l'esperienza di studio al liceo classico. Ho quindi cercato in autonomia degli strumenti che mi aiutassero a gestire questa mia ansia, che avvertivo come eccessiva. Mi ha sempre intrigato capire di più come funziona il cervello, che è una macchina tanto perfetta quanto oscura, per molti versi anche per la scienza. Ho poi avvertito la necessità di essere utile e di dare il mio piccolo un contributo per aiutare le persone a raggiungere un maggiore benessere. Da qui, studiando sia da autodidatta che tramite aggiornamenti continui, ho tentato di crearmi un bagaglio di conoscenze da poter condividere con i miei, più e meno piccoli pazienti, per poter migliorare il loro stato di benessere». Ti sei quindi specializzata sul metodo di studio... «Tutto iniziò con le ripetizioni, che davo già ai tempi del liceo. Poi gli aspetti teorici li ho approfonditi all'università e perfezionati durante il tirocinio. I miei cavalli di battaglia rimangono i training di potenziamento cognitivo e i corsi di metodo di studio e tecniche di memoria, che propongo a bambini delle elementari e a ragazzi delle medie e superiori. Durante quest'estate, ad esempio, ho organizzato due sessioni full time, 8 ore di formazione per tre giorni di seguito, che hanno riscosso grande successo. Agli studenti insegno le tecniche di automotivazione e di gestione dell'ansia, come sottolineare un testo, come presentare i contenuti, come prendere appunti, il tutto basato su evidenze emerse in letteratura sul funzionamento del cervello alle prese con lo studio. Infine, con alcuni docenti sono co-fondatrice del Metodo Nicosia, per l'insegnamento in modo allegro e coinvolgente della lingua inglese». La soddisfazione più grande? «Ogni volta che i miei ragazzi sviluppano il loro potenziale e recuperano fiducia in sé stessi. Di solito, fin da principio, io ho ben chiaro dove possono arrivare; riuscire a farglielo vedere, ha un prezzo per me impagabile».
Federica Florian
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Il Gazzettino