OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
TREVISO - L’attività estorsiva ai danni della Btime Italia srl non era caratterizzata dal metodo mafioso. O meglio, al momento non è contestato dal sostituto procuratore Gabriella Cama. Gli inquirenti però ci stanno lavorando. E gli elementi raccolti dagli investigatori potrebbero portare a un ulteriore sviluppo dell’indagine. Tra questi il fatto che Fabio Gianduzzo, il 55enne di Eraclea finito in carcere assieme a Edi Biasiol, 49enne di Gorizia, per l’estorsione ai danni di Renato Celotto (il 55enne responsabile commerciale della BTime Italia srl, ma i due sono stati denunciati anche dall’amministratore unico della società, Michele Gallà, e da Orlando Negro, titolare della Excellences srl, ndr) si presentasse con il proprio nome di battesimo aggiungendo però il termine “mammasantissima”. Dettaglio riportato nell’ordinanza del gip Angelo Mascolo quando prende in esame la deposizione resa da Negro, che racconta del primo incontro con Gianduzzo «in un bar lungo la Treviso Mare».
IL TERMINE
Di prove certe non ce ne sono. Ma l’utilizzo da parte di Gianduzzo del termine “mammasantissima” ha fatto sobbalzare gli inquirenti. Nel mondo della malavita organizzata, in particolare della mafia siciliana o della camorra napoletana, quell’appellativo sta a significare un pezzo grosso, un capo indiscusso venerabile come la Madonna. Spesso però viene anche accostato a un personaggio estremamente influente.
LA PROVENIENZA
Fabio Gianduzzo è nato in Svizzera, il 24 maggio del 1966. Ma da tempo, ormai, vive a Eraclea. Quel Comune che secondo il Prefetto di Venezia, Vittorio Zappalorto, doveva essere sciolto per mafia perché era da troppo tempo che il clan dei casalesi era insediato in Veneto Orientale e dopo vent’anni bisognava dare un forte segnale di discontinuità. Lo aveva scritto, nero su bianco, nella relazione che il 18 dicembre 2019 aveva inviato al Ministero degli interni, a Roma, e che è rimasta segreta fino allo scorso gennaio. Che la ‘ndrangheta sia presente nel tessuto economico e sociale di Eraclea non è dunque un mistero. E non è nemmeno un mistero che il nome di Fabio Gianduzzo, cinque anni fa, fosse già salito agli onori delle cronache perché indagato in un’inchiesta della Procura di Venezia su una presunta organizzazione criminale, con legami con la ‘ndrangheta, specializzata nell’acquisire ditte in crisi per riciclare soldi sporchi e mettere a segno truffe ai danni degli ignari fornitori. Acquisizioni che avvenivano anche attraverso minacce, estorsioni e pestaggi. Un po’ come accaduto nella vicenda relativa alla BTime Italia srl e alle sue due società partecipate “Clt Fashion Group” e “Bt Rent srl” che, di fatto, sono passate sotto il controllo di Gianduzzo e Biasiol. In quell’inchiesta venivano contestate truffe ai danni di oltre 150 fornitori di tutta Italia, chiamati in gergo “limoni”: da spremere evidentemente. Tra le tante ditte “fasulle”, aperte e chiuse in pochi giorni per non dover pagare le forniture, c’erano anche la “Az Service” di Ponte di Piave e la “Biblo Srl” di Monastier.
Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino